Con grande piacere inviamo la nostra prima Newsletter del 2022!
In questa nuova uscita abbiamo l’intervista a Daniela Giommi de Bernart, che tratta di Intrapsichico e Relazionale e un articolo di Conny Leporatti, su l’uso delle Immagini d’Arte in Terapia.
Vi comunichiamo anche, con grande gioia, la nuova collaborazione con Gengle onlus, per un importante progetto per i genitori single.
Infine, vi informiamo sulle attività di formazione in partenza nel mese di gennaio.
Tanti tanti cari auguri per il nuovo anno!
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Intervista alla Dr. Daniela Giommi de Bernart – Tra intrapsichico e relazionale

Psicologa- Psicoterapeuta individuale e di coppia, Mediatrice familiare sistemica, Socia del Centro Italiano di Psicologia Analitica di Roma, Didatta AITF, Didatta IAF.F

Come si coniuga un lavoro sull’intrapsico ad una lettura relazionale?

C’è voluto un po’ di tempo per capire che il mondo non conscio, immerso nella

memoria implicita, poteva essere letto sia come un fenomeno individuale che relazionale. Questo comporta un lavoro sulle emozioni del paziente e su quelle del terapeuta, dando luogo ad una complessità nella clinica che oggi appare innegabile. In un bellissimo libro di Bromberg che ha come titolo “Svegliare il sognatore” questo allievo di Mitchell ipotizza che anche quando l’analista lavora su un sogno del paziente ( è cosa c’è di più privato?) risveglia il sognatore cioè se stesso al punto tale che il sogno appartiene ad entrambi. Prendiamo ad esempio il risentimento, un’emozione che non abita solo dentro di noi, ma fra noi. C’è una coscienza individuale ed un tessuto relazionale e non possiamo lavorare in terapia senza tener conto di entrambi

E’ dunque possibile conciliare la comunicazione in seduta su questioni concrete, come spesso avviene nella prospettiva sistemica, e su le emozioni del paziente e del terapeuta?
Ognuno di noi preferisce situazioni comunicative specifiche. C’è chi predilige parlare più che ricevere risposte, chi ama più ascoltare, chi si sente più sicuro nel dare prescrizioni e usare strumenti e tecniche e chi invece trova nella conversazione e nello scambio frequente di turni di parola la sua strada: l’importante a mio parere è che nella modalità di lavoro scelta si trovi l’autenticità delle emozioni. In terapia si cerca la verità, non la finzione, nessuno recita, anche se questo talvolta non è vero per tutti i terapeuti purtroppo. Si crea nella clinica una sorta di danza dove si incontrano storie personali e processi interpersonali nei quali siamo tutti coinvolti. E così che può emergere il terreno emotivo su cui lavorare.

Quali i requisiti che la spingono a decidere per una terapia individuale o di coppia?
Io nasco, come appartenenza, nel mondo della psicologia analitica junghiana poi sono stata “contaminata” da mio marito Rodolfo de Bernart e sono felice di avere anche una formazione sistemica. Parto sempre dall’individuo, ma se dopo 4 incontri il partner entra come un fantasma continuamente evocato nella stanza d’analisi io mi domando perché non presentificarlo ed invitarlo a comprendere la sofferenza dell’altro. Il momento più bello è quando la coppia diventa consapevole che l’ostacolo alla realizzazione di un loro desiderio risiede nelle ferite familiari che si tramandano attraverso le generazioni, ed il passato torna ancora una volta, ma a questo punto per aiutarli a capire il futuro, liberandoli così da un’intollerabile frustrazione che sempre proviamo quando ci sentiamo impotenti. Dobbiamo insomma far emergere l’ambivalenza emotiva sia nelle nostre dinamiche psichiche, che Catullo già esprimeva in “Odi et amo”, sia soprattutto nella relazione con l’altro, dove principalmente si rivela. Nel guardare il nostro mondo interiore non distogliamo dunque lo sguardo dall’altro.

L’uso delle Immagini d’Arte in terapia – A cura della Dr. Conny Leporatti

Yahoo Mail – [Test] CometeNews – Gennaio 2022 – Newsletter del Centro Co.Me.Te di Empoli

L’uso delle immagini d’arte in terapia è frutto di un lungo percorso che ho realizzato a partire dagli anni 90 sull’uso delle immagini d’arte nella clinica, nella mediazione familiare e, negli ultimi anni, nella coordinazione genitoriale. Il lavoro è stato condotto in costante e fertile dialogo con colleghi italiani e stranieri, muovendo da riflessioni condivise sui fondamentali concetti teorici che caratterizzano l’approccio sistemico alla relazione di aiuto. Nell’uso delle immagini d’arte, ho condiviso con i colleghi la valorizzazione della soggettività e la ricerca dell’attribuzione di significato a ciò che accade nella vita di ciascuno di noi, l’importanza del linguaggio metaforico ed analogico nella relazione d’aiuto. Negli anni ho condiviso l’evoluzione del concetto di narrazione nella relazione di aiuto ed ho dato ampio spazio alla conoscenza relazionale implicita ed alle acquisizioni delle neuroscienze che ci hanno consentito nuovi approfondimenti nella relazione con i nostri pazienti e clienti.

La scoperta di neuroni specchio ha evidenziato infatti un sistema fisiologico capace di spiegare alcuni aspetti della nostra capacità di entrare in relazione con gli altri, attribuendo un senso al rispecchiamento, ovvero alla capacità innata di assimilare lo stato di un’altra persona. Come Siegel già dal 2001 affermava, “la scoperta dei neuroni specchio ha evidenziato come l’intersoggettività e l’empatia creino condizioni a seguito delle quali la mente di ciascuno è “sentita” dalla mente dell’altro”. Del resto, già Bion definì l’attività mentale partendo dalle impressioni sensoriali e dalle emozioni, fino alla formazione del pensiero, prima come immagine mentale e poi come funzione cognitiva legata alla parola. Oggi sappiamo come la formazione del pensiero e lo sviluppo mentale seguano processi simbolico-creativi riconducibili all’intuizione artistica. Su questa base, infatti, l’artista realizza un’opera, con la quale realizza una forma psichica preliminare che suscita nell’osservatore pensieri ed emozioni, ancora non consapevoli, attraverso l’apprezzamento estetico. Altro grande contributo in tal senso è derivato dalla neuro-estetica, un approccio neuro scientifico all’analisi estetica alla produzione ed alla fruizione delle opere d’arte definito da Semir Zeki, Professore universitario di neurobiologia allo University Collge di Londra, che già nel 1994 ha iniziato lo studio delle basi neurali della creatività e dell’apprezzamento estetico dell’arte.

Oggi sappiamo come l’uso delle immagini consenta, in questa prospettiva, di oltrepassare il canale verbale e raggiungere la componente emotivo-affettiva e raggiungere l’inconscio ottico dell’individuo, così come teorizzato da Walter Benjamin già nel 1931.

Ma se immagini d0arte sono talmente forti da evocare sensazioni ed emozioni spesso più intense di quelle della vita reale? Secondo Gallese e Wojciehowski si “forse perché nell’esperienza estetica possiamo temporaneamente sospendere la nostra presa sul mondo delle nostre occupazioni quotidiane. Liberiamo nuove energie e le mettiamo al servizio di una nuova emozione che, paradossalmente, può essere più vivida della realtà. Quando guardiamo ad un’opera figurativa […] la nostra simulazione incarnata viene liberata, cioè viene esonerata dal peso del modellare la nostra presenza reale nella vita quotidiana. Guardiamo all’arte da una distanza di sicurezza dalla quale la nostra apertura al mondo ne esce ampliata. In un ceto senso, apprezzare l’arte significa lasciarsi il mondo alle spalle per afferrarlo più pienamente”. Tutto ciò quando è reso possibile dall’elemento fondamentale dell’esperienza estetica: il distacco dalla realtà. Così l’esperienza estetica isola e allo stesso tempo protegge l’uomo dalla perentorietà del reale.

L’immagine quindi – come afferma Catia Giacometti – tende a favorire un primo livello di rappresentatività, stabilendo tar il soggetto e la sua storia relazionale una distanza che favorisce l’ascolto, la pensabilità e il dialogo. Lavorare quindi con le immagini favorisce la ricostruzione di un’esperienza attraverso la drammatizzazione del mondo relazionale interno ed attraverso le immagini è possibile costruire l’accesso a quel mondo interno, un modo non facile da raggiungere, spesso difeso e mascherato dal canale verbale. L’uso delle immagini d’arte realizzato negli anni si è concretizzato in una Raccolta di immagini d’arte. Nella Raccolta sono contenute 26 categorie, 10 immagini d’arte per ogni categoria.

Le categorie sono: 1. BAMBINO
2. CASA
3. CIBO

4. COPPIA
5. DCA
6. DONATORE

7. DONATRICE 8. DONO
9. FAMIGLIA 10. FRATELLI 11. GENITORI 12. GIOCO

13. IDENTITÀ DI GENERE 14. INDIVIDUO FEMMINILE 15. INDIVIDUO MASCHILE 16. LAVORO

17. MADRE
18. MALATTIA 19. MORTE
20. NONNI
21. ORIGINI
22. PADRE
23. RISORSE
24. SESSUALITÀ 25. TRAUMA
26. VECCHIAIA

Quando vengo invitata a congressi e seminari, oltre a parlare della cornice teorica all’interno della quale si sostanza l’uso delle immagini d’arte nella relazione d’aiuto, propongo volentieri casi di terapia individuale, di coppia, terapia familiare, casi di mediazione familiare e coordinazione genitoriale. Il prossimo appuntamento per poter pensare insieme sull’uso delle immagini d’arte nella relazione d’aiuto sarà il seminario del centro Co.Me.Te. di Empoli previsto per il 29.01.2022.

Bibliografia:

Benjamin, W. (1931). Kleine Geshichte der Photographie, trad. it. Piccola sto- ria della fotografia, in L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibi- lità tecnica. (1966) Torino: Einaudi, 57-78.
Bion, W. R. (1972). Apprendere dall’esperienza. Roma: Armando.
Bion, W. R. (1973). Attenzione e interpretazione. Roma: Armando
Bion, W. R. (1973). Trasformazioni: Il passaggio dall’apprendimento alla cre- scita. Roma: Armando.
Bion, W. R. (1981). Il cambiamento catastrofico. Torino: Loescher. Bion, W. R. (1996). Cogitations. Pensieri. Roma: Armando.
Gallese, V., Wojciehowski, H. (2011). How stories make us feel: Toward an embodied narratology. California Italian Studies, 2(1)
Leporatti, C. (2005), Il volto e l’anima. Uso di immagini in terapia ad orien- tamento sistemico relazionale, in Spagnuolo Lobb M. (a cura di), L’im- plicito e l’esplicito in Psicoterapia, Franco Angeli, Milano, pp. 344-350.
Leporatti, C. (2010). In Imagine Verum, Immagini d’arte e clinica di coppia. Storie e geografie familiari n. 4-5/2010: Scione Editore
Leporatti, C. (2011). Fuochi nell’ombra. Uso di immagini d’arte in psicoterapia individuale e di coppia ad orientamento sistemico-relazionale, Manuale clinico di terapia familiare, vol. III, Franco Angeli, Milano
Leporatti, C., (2014). Dallo Specchio ai Neuroni Specchio. Storie e Geografie Familiari, 11-12, pag. 35-49.
Leporatti, C. (2014). Fuochi nella notte. Uso di immagini d’arte in mediazione familiare. Voci dal X Congresso Mondiale di Mediazione.
Leporatti, C., (2016). Trame di luce. Uso di immagini d’arte in terapia indivi- duale e di coppia ad orientamento sistemico-relazionale. Psicobbiettivo n. 1. Franco Angeli Editore.
Leporatti, C., (2016). La luna e i falò, Uso di immagini d’arte in psicoterapia individuale e di coppia ad orientamento sistemico-relazionale. Terapia Familiare, n.111. Franco Angeli Editore.
Siegel, D.J. (2001), La mente relazionale, Cortina, Milano.

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