LA MEDIAZIONE FAMILIARE

IN TOSCANA

 

 

Empoli, 30/09/2012

 

Dott.ssa Conny Leporatti

Dott.ssa Roberta Taddei

1. La mediazione familiare

Cenni storici

 

La mediazione nasce ufficialmente negli Stati Uniti nel 1913, come “Servizio di conciliazione”, con l’obiettivo di risolvere le vertenze sul lavoro.

Nei primi anni Settanta O.J. Coogler, avvocato e terapeuta familiare, ebbe l’intuizione di creare una procedura di mediazione rivolta alle famiglie, con impostazione sistemica che definì “mediazione strutturata”.

Nel 1975 egli fondò la Family Mediation Association, rivolta ai coniugi che intendono negoziare la separazione coniugale o rinegoziare gli accordi di divorzio.

Nello stesso periodo nasce il Toronto Conciliation Project, attivato da Howard Irving, per ridurre il conflitto tra coniugi in fase di separazione e facilitare gli accordi tra loro.

Verso la fine degli anni ’70 John Haynes, mediatore del lavoro e psicoterapeuta, affermò che la mediazione familiare poteva essere esercitata anche da consulenti familiari e assistenti sociali e su indicazione del tribunale si impegnò a formare dei nuovi mediatori. Negli anni ’80 pubblicò Divorce Mediation: A practice Guide for Therapist and Counselors, uno dei testi ancora oggi fondamentali per chi si avvicina alla mediazione familiare.

La mediazione cominciò quindi a diffondersi rapidamente e nel 1985 vennero censite negli Stati Uniti oltre trecento organizzazioni, pubbliche e private che se ne occupavano.

In Gran Bretagna, nel 1978, aprì il primo servizio di conciliazione familiare, distaccato dal tribunale,ad opera di Lisa Parkinson seguito successivamente dalla creazione di numerosi servizi.

Il modello di mediazione della Parkinson, elaborato con alcuni avvocati, fu quello della mediazione globale, che prevedeva di prendere in considerazione tutte le questioni implicate in un processo di separazione, dalle decisioni sui figli agli aspetti economici. La co-presenza di mediatori e avvocati che lavoravano in maniera congiunta, arricchì il procedimento e integrò la risoluzione delle problematiche psicosociali e relazionali a quelle connesse agli aspetti giuridici.

In Francia la mediazione si diffuse a partire dagli anni Ottanta, con il contributo dei mediatori canadesi che aiutarono nella creazione di molti centri frequentati da operatori provenienti da diverse aree disciplinari: dai magistrati ai terapisti agli avvocati fino agli educatori. Tutti concorsero alla costruzione nel 1988, dell’APMF (Associazione per la Promozione della Mediazione Familiare), che oltre all’aspetto promozionale, strutturò il primo codice deontologico dei mediatori familiari, per definire e tutelare la professione.

Il codice fece poi da base alla stesura della Carte europèenne de la formation des mèdiateurs familiaux del 1992 a cui aderiscono tutto oggi Gran Bretagna, Francia, Belgio, Germania, Svizzera e Italia.

La Carta Europea definisce chiaramente che la mediazione familiare non è:

né una consulenza legale, né una consulenza coniugale; quindi un avvocato abilitato alla professione del mediatore non può fare consulenze legali o creare un atto giudiziario con gli accordi fra le parti e non dovrà assistere legalmente nessuna delle parti.

né una terapia individuale o di coppia; uno psicologo o psicoterapeuta che opera come mediatore non può fare una terapia sulla persona o la coppia ma dovrà aiutare le parti a riaprire la comunicazione per giungere ad accordi (De Stefano,2007).

In Italia la mediazione familiare nasce alla fine degli anni Ottanta, quando vengono aperti i primi centri a Milano ad opera della GeA (Genitori Ancora), nei quali si opera una mediazione parziale sul modello inglese, centrato sulla responsabilizzazione del genitore sulla tutela dei figli. Ma la caratteristica importante è che il lavoro di mediazione familiare, dal 1989, è organizzato dal Comune di Milano, ciò costituisce certamente un primo riconoscimento del ruolo e del significato che la mediazione familiare, ha e può avere.

A seguito dell’esperienza milanese, la mediazione si sviluppò anche a Roma nel 1988 da una collaborazione tra il Centro Studi di psicologia giuridica dell’età evolutiva e della famiglia dell’Università La Sapienza e l’Ufficio tutele della pretura di Roma. Qui il modello di riferimento è quello parziale, con la variante dell’invio da parte del giudice, che ha già tentato la conciliazione e il coinvolgimento dei figli, se necessario, nel processo di mediazione.

Negli anni successivi si svilupparono molti centri con diversi orientamenti e impostazioni, sia pubblici che privati. Nacquero anche associazioni come l’AIMS (Associazione Internazionale Mediatori Sistemici) nel 1995, che divenne in breve tempo la prima associazione italiana per estensione territoriale e numero di soci, la SIMEF (Società Italiana Mediazione Familiare) formata da operatori provenienti da diverse aree culturali e l’ AIMEF (Associazione Italiana Mediatori Familiari).

 

Cos’è la mediazione familiare

 

La mediazione familiare si è affermata con rapidità negli Stati Uniti e poi in Europa, ma rispetto al modello originale di Coogler, ha subito diverse modifiche.

A livello legislativo , è stata la legge n. 54/2006 che ha introdotto in Italia la mediazione familiare, in vista o in seguito ad una separazione o ad un divorzio, pur non spiegando in maniera chiara ed esaustiva in cosa essa consista e quali siano le competenze specifiche del mediatore. La legge ha riformato un articolo precedente e ha disposto che il giudice possa all’esito del tentativo di conciliazione, informare le parti circa la possibilità di intraprendere un percorso di mediazione familiare per trovare gli accordi per la tutela dell’interesse morale e materiale dei figli.

Tale norma, che prevede il tentativo volontario di mediazione familiare fra le parti, deve essere correttamente interpretata alla luce delle normative internazionali ed europee, che contribuiscono a dare una giusta chiave di lettura alla gestione dei conflitti coniugali e genitoriali per la salvaguardia dell’inviolabile diritto dei figli al mantenimento delle proprie indispensabili relazioni familiari (De Stefano, 2007).

 

Le definizioni di mediazione familiare, dal suo esordio ad oggi, sono molteplici:

 

La mediazione familiare è un processo attraverso il quale i genitori separati o in via di separazione si rivolgono liberamente ad un terzo neutrale, il mediatore per ridurre gli effetti distruttivi di un grave conflitto che interrompe o disturba la comunicazione fra loro. (Scaparro, 1994; pag. 53)

 

Metodologia specifica di aiuto alla coppia nella presa di decisione con un mediatore; essa consiste in un setting ben preciso di incontri con finalità e metodo propri. (Marzotto,1994; pag. 143)

 

La mediazione familiare ha per obiettivo quelo di consentire ai genitori di esercitare le proprie responsabilità parentali in un clima di cooperazione e di mutuo rispetto. Il mediatore familiare, che è un terzo neutrale e qualificato, deve consentire alla coppia di trovare per proprio conto le basi di un accordo durevole e accettabile. (Laroque,1994)

 

Oggi la mediazione familiare viene intesa come un approccio alternativo alla risoluzione delle dispute familiari e nasce da:

1) una esigenza comune in tutti gli Stati europei, cioè quella di tutelare diversamente le relazioni familiari tenendo in considerazione il diritto del fanciullo;

2) come un bisogno espresso da tutte quelle persone separate o in via di separazione che, disorientate da questo evento, non riescono autonomamente ad uscire fuori dal loro legame e dalla loro storia, vissuta talvolta come un fallimento del proprio progetto di vita e, in alcuni casi, esito di un conflitto di coppia esacerbato e segnato da comportamenti aggressivi tesi al conseguimento della vittoria sull’altro.

Diviene quindi mediazione quando un terzo neutrale, qualificato e con formazione specifica, aiuta l’emergere della soluzione al problema tramite un percorso, per la riorganizzazione delle relazioni familiari e si adopera affinché i genitori elaborino in prima persona un programma di separazione soddisfacente per loro stessi e per i figli, in cui possono esercitare la comune responsabilità genitoriale.

 

In tutte le definizioni presentate precedentemente troviamo due principi fondamentali: la negoziazione tra i due separati in disaccordo e il ruolo neutrale e facilitatore del mediatore.

Durante il processo di mediazione, vengono sollecitate le abilità di negoziazione e di problem solving, dei partecipanti, dal mediatore stesso per raggiungere l’accordo ( Haynes, Buzzi, 1996). Non si tratta quindi di una terapia, ma di un approccio alternativo alle procedure tradizionali legali per la gestione dei conflitti nella coppia.

La neutralità del mediatore comporta che egli non si lasci coinvolgere dall’una o l’altra parte e quindi il mediatore deve lavorare duramente al fine di mantenersi in una posizione di imparzialità. Si può pensare che la neutralità equivalga a una mancanza di coinvolgimento emotivo,ma non è così, viene infatti da noi inteso come una sospensione del giudizio verso tutti i coinvolti nel processo in atto. Il mediatore quindi è legato all’accordo con i clienti ma non alla persona stessa

 

C’è da dire anche che tutto il percorso di mediazione non è basato sul piano vincitore-perdente, tipico del processo giudiziale ove è il giudice a decidere attraverso una sentenza chi ha torto o chi ha ragione, ma ha l’obiettivo di assistere la coppia al raggiungimento dell’accordo che soddisfi i bisogni e gli interessi di tutti quelli coinvolti nella separazione.

Normalmente l’accordo è volontario e accettabile da entrambi e deve quindi essere anche durevole (Haynes, Buzzi, 1996).

Chi si trova ad affrontare la propria separazione,talvolta vede nel sistema legale una via per riscattarsi, per “vincere” sull’altro oppure per riparare la ferita e ripristinare l’ordine. Il potere giudiziario assume così un ruolo che non è propriamente il suo Dall’altro lato invece troviamo chi non esce soddisfatto e chi afferma l’ingiustizia e la corruzione del sistema legale e della società, continuando ad affermarsi innocente. Si crea dunque uno squilibrio nella coppia coniugale e anche gli elementi di contesa più futili divengono importantissimi, aumentando la conflittualità.

È noto inoltre che quando i contendenti non riconoscono a pieno le disposizioni del giudice come “giuste” accade che finiscono per non rispettarle, creando nuovi conflitti, ricorsi, cause ecc. senza contare le conseguenze che il procedimento può avere sui figli e sul livello economico delle parti.

Nella mediazione familiare il conflitto non è considerato né positivo né negativo ma esiste e come tale è un evento naturale, presente in ogni relazione (Di Lorenzo, Nolè, 1999).

Il conflitto infatti può favorire la crescita della famiglia e divenire uno stimolo, ma può anche favorire situazioni di equilibrio negativo che sviluppa un circuito dove si autoalimenta e si propaga.

La mediazione opera quindi sul conflitto, laddove si presenti, per riorganizzare le relazioni familiari e offre, così come è stata voluta da Coogler, una alternativa alla lotta per la vittoria sull’altro, basandosi sull’accordo dei coniugi e sul senso di responsabilità nei confronti dei figli, stimolando la comprensione di sé e dell’altro, senza voler essere però una “terapia”.

Si può dunque affermare che, come abbiamo visto dalle definizioni presentate, la mediazione familiare è un’attività concreta di cooperazione delle parti in conflitto, in vista di una risoluzione che rispetti i diritti, i doveri e gli interessi di entrambe le parti senza prevaricazioni di potere (Haynes, Buzzi, 1996).

 

 

2. Modelli di mediazione familiare

 

Successivamente alla stesura della Carte europeènne (1992), che dà un primo contributo per definire la mediazione familiare, si diffondono diverse associazioni che si occupano di tutelare e riunire i mediatori, di diffondere le conoscenze e sensibilizzare le varie professionalità alla mediazione familiare.

Quando nel 1995 è nata l’AIMS, Associazione Italiana Mediatori Sistemici, i fondatori hanno subito messo in chiaro l’intento di identificare l’associazione nell’ approccio sistemico.

Alla base della scelta, vi è stata la condivisione del pensiero sistemico nell’operatività del mediatore.

L’approccio sistemico si rifà al contesto e al suo significato: la famiglia non può quindi essere osservata al di fuori del suo contesto. Gregory Bateson, padre fondatore della teoria sistemica affermava che senza contesto non è possibile comprendere il comportamento umano.

L’AIMS, così come già era per la psicoterapia, ha deciso di adottare un approccio alla mediazione come riferimento epistemologico.

Molti autori hanno osservato che in realtà non ci sarebbe bisogno di definire la mediazione familiare come sistemica poiché lo è naturalmente. Altri affermano che va evidenziata la differenza tra psicoterapia e mediazione e che quest’ultima non deve far riferimento a un solo approccio ma unirne molti.

Tuttavia vi sono approcci che tralasciano gli altri contesti.

La mediazione sistemica prevede l’uso di aree che attraverso la negoziazione si ritrovino nel consenso e che permettano al conflitto di evolvere in modo costruttivo e predittivo per il sistema o i sistemi coinvolti nel conflitto.

Viene quindi valorizzata la relazione nella misura in cui l‘individuo viene colto entro la struttura dei rapporti che ha con altri individui (Bassoli, 1999).

Il punto di vista sistemico dà alla mediazione una capacità perturbatrice di confronto e incontro sui conflitti che si instaurano nelle interazioni individuali: il conflitto assumerà identità evolutive e costruttive e mai distruttive.

La mediazione sistemica è quindi un processo di negoziazione che affronta il conflitto nei vari contesti occupandosi del microsistema della famiglia e degli altri macrosistemi in cui è inserita (Bassoli, 1999).

Il mediatore sistemico è in grado di porsi in modo aperto di fronte alle proprie emozioni ed ai propri sentimenti. È in grado di riconoscere il proprio linguaggio del corpo e quello del cliente. Tiene in considerazione se stesso ed è in grado di mettere al primo posto non tanto il contenuto del conflitto quanto la conoscenza e la qualità della propria risposta allo stile comunicativo del cliente ( Mariotti, 1999).

L’AIMS oltre a formare i mediatori con orientamento sistemico ha come obiettivo anche la promozione del progresso negli studi e nelle ricerche sulla mediazione familiare e comunitaria di tipo sistemico e garantisce che i centri eroghino un servizio conforme a questo modello.

Anche l’Associazione Italiana Mediatori Familiari (AIMeF ), nata nel 1999 ha come scopo quello di riunire i professionisti che si occupano di mediazione familiare nella tutela della figura professionale del mediatore.

In particolare ha come obiettivo la definizione dei criteri essenziali della figura del mediatore familiare e dell’esercizio della mediazione familiare, nonché di verificare il corretto e qualificato esercizio della prestazione professionale effettuata. Inoltre favorisce il perfezionamento professionale dei mediatori attraverso attività informative, di arricchimento e di confronto a livello nazionale e internazionale.

L’AIMeF non si presenta come una scuola di pensiero o il portavoce di un modello particolare di mediazione familiare, ma li contiene tutti.

La Società Italiana di Mediazione Familiare (S.I.Me.F.) costituita nel 1995, concepisce la mediazione familiare come un percorso per la riorganizzazione delle relazioni familiari in vista o in seguito alla separazione o al divorzio: in un contesto strutturato, un terzo neutrale e con formazione specifica (il mediatore familiare), sollecitato dalle parti, nella garanzia del segreto professionale e in autonomia dall’ambito giudiziario, si adopera affinché i genitori elaborino in prima persona un programma di separazione soddisfacente per sé e per i figli, in cui possano esercitare la comune responsabilità genitoriale. (http://www.simef.net/la-simef/codice)

Secondo S.I.Me.F può esercitare la mediazione solo chi ha acquisito delle competenze nelle relazioni familiari e chi ha una formazione specifica nella mediazione o nelle relazioni familiari.

Anche la S.I.Me.F come le altre associazioni di mediazione familiare chiede la neutralità e l’imparzialità nei confronti degli utenti e in particolare si chiede di non intervenire in mediazioni che coinvolgono persone con cui vi sia un precedente legame personale (familiari, amici, colleghi,…)erogare servizi che esulino dallo specifico della MF. Il mediatore ha l’obbligo di informare le parti che richieste di intervento o supporto d’ordine legale e psicoterapeutico devono essere indirizzate a specialisti dei rispettivi campi. (http://www.simef.net/la-simef/codice)

L’obiettivo della mediazione è l’accoglimento de bisogni di ciascun componente della famiglia, la promozione della responsabilità e dell’autonomia genitoriale, l’ascolto e l’attenzione dei problemi.

Anche la S.I.Me.F come l’AIMeF non ha un orientamento preciso a cui rifarsi.

 

3. La formazione del mediatore

 

“ La formazione è l’incontro tra due intenzionalità:quella del creatore di mappe e quella degli abitanti del territorio, che cercano di comprendere il senso del loro incontro” (G. Ruggiero, 2001, p.54).

La formazione del mediatore cambia all’interno delle associazioni, poiché cambia il modello di mediazione di riferimento.

I centri AIMS, fin dall’origine hanno creato corsi di formazione per rendere competenti i mediatori, in modo che potessero affrontare nel miglior modo il conflitto familiare. La formazione viene vista come un processo che intreccia l’esperienza pratica al modello teorico, che fa riferimento, come abbiamo già detto in precedenza, al modello sistemico – relazionale ( Busso 2001).

I formatori fin dall’inizio erano professionisti con una adeguata formazione e una esperienza nella diagnosi del conflitto in tutte le sue fasi e nel trovare le risorse per farlo evolvere in maniera positiva (Busso 2001).

“Fare formazione per noi vuol dire, più che dare risposte, sollevare domande, far emergere dubbi, stimolare riflessioni” (Ruggiero 2001, p.54).

I corsi si attengono agli standard europei per la formazione dei mediatori familiari. Tutti i centri AIMS sono infatti riconosciuti dal forum europeo e abilitati a fare formazione.

Normalmente un corso è biennale e prevede 120 ore. Ma non tutti possono accedervi: è necessaria una laurea in aree appropriate (psicologica, sanitaria, giuridica, educativa ecc.) o un diploma superiore a cui sia seguita una esperienza lavorativa triennale nel campo dell’intervento sociale, nella consulenza e nell’assistenza alla famiglia.

Il diploma permette poi l’iscrizione come socio all’AIMS.

L’associazione ritiene molto importante che il mediatore conosca il modo con cui la famiglia organizza le relazioni al suo interno, come si adatta ai cambiamenti, quali risorse deve mobilitare per svolgere il suo compito di sviluppo.

Cerca quindi di fornire strumenti teorici e pratici per la costruzione di ipotesi sistemiche che vadano incontro al mediatore.

Viene dato ampio spazio anche al mondo emozionale del mediatore e vengono approfonditi gli stili di conflitto più frequentemente osservati e le loro conseguenze sull’assetto familiare, cosa che permette di rivisitare i propri pregiudizi sul matrimonio e sul modo di interpretare i ruoli nella famiglia.

L’AIMS cerca anche di stimolare il confronto con i principali modelli di mediazione familiare sia italiani che stranieri.

Infine l’Associazione organizza un convegno nazionale ogni due anni, come luogo di incontro tra gli allievi, per stimolare il confronto e rendere più solidi i legami e gli interessi scientifici dei soci.

 

La formazione SIMeF invece si propone di: favorire l’elaborazione di un modo nuovo e più costruttivo di pensare alla separazione come processo di crisi e trasformazione, di sviluppare una conoscenza degli aspetti funzionali e disfunzionali della famiglia in crisi per la separazione e il divorzio e una competenza sulla conflittualità tra i genitori e di permettere l’acquisizione della capacità di sostenere e promuovere le risorse individuali e le competenze genitoriali, con particolare attenzione all’esercizio di un’azione preventiva rispetto a forme di disagio del minore.

Il processo formativo, finalizzato all’acquisizione di conoscenze di tipo interdisciplinare in campo psicologico, sociale e giuridico, comprende sia un livello formativo e informativo, sia esperienziale (http://www.simef.net/mediazione/formazione).

Sono necessarie conoscenze sia in materia giuridica che psicologica per poter mantenere un atteggiamento culturale e umano, centrato sull’attribuzione del valore e della fiducia nelle risorse dei genitori.

La SIMeF rivolge la formazione dei propri mediatori a chi ha una laurea specialistica o triennale in ambiti psicologici, giuridici, sociali ed educativi, agli psicoterapeuti.

Alle altre figure professionali (come avvocati, medici, insegnanti, …) vengono offerti specifici moduli formativi che favoriscono l’acquisizione di una “cultura della mediazione” in senso interdisciplinare, ma che non autorizzano all’esercizio della pratica della mediazione familiare.

La formazione alla mediazione viene condotta da mediatori familiari esperti, aderenti al codice deontologico e ai principi fissati a livello europeo dalla “Charte Européenne de la formation des médiateurs familiaux dans les situations de divorce et de séparation”.

Il mediatore, ha una serie di compiti difficili e delicati come l’assumere un punto di vista senza identificarsi in esso, il portare a galla le domande senza fornire risposte e reggere alla frustrazione di essere un testimone di un percorso altrui dove può solo aiutare.

La formazione alla mediazione familiare è una forma di tipo esperienziale, condotto da mediatori esperti e accreditati. Anche da noi la strada dovrebbe essere quella di riconoscere e accreditare le scuole in base a criteri formativi e deontologici ( Bernardini, 1999).

 

4. Professione mediatore

La professione del mediatore familiare

 

Il mediatore è una figura confidenziale e preparata che cerca di mantenersi neutrale nei confronti delle due parti. Mira quindi a ristabilire la comunicazione tra le parti per poter raggiungere un obiettivo concreto: la riorganizzazione delle relazioni dopo il divorzio o la separazione.

Il mediatore sa che le persone possono mettere in atto difese diverse: ci sarà chi attacca violentemente, chi rivolge su di se la rabbia, chi si deprime e chi nega la realtà. Gli viene richiesto quindi di accompagnare la coppia nel recupero di una fiducia reciproca nel legame (Cigoli, 1998).

E’ da sottolineare che il mediatore non fa terapia o interpretazioni, come avviene nella psicoterapia, ma garantisce un processo di negoziazione. Mantiene la propria neutralità resistendo a “rappresaglie” o proiezioni negative verso la coppia e ritorsioni, cercando di preservare l’integrità del rapporto che si fonda su attenzione e rispetto per ciascun membro della coppia e il raggiungimento dell’obiettivo negoziale.

Come afferma Cigoli il mediatore è un “traghettatore nella transizione”: accompagna i genitori nel trovare una soluzione soddisfacente per se stessi e per i figli.

Non tiene in mano la carta geografica che è nelle mani dei partner ma il timone favorendo il raggiungimento della meta prefissata (Cigoli, 1998).

Il ruolo del mediatore è anche quello di assistere le parti nell’identificare il problema e di incoraggiare l’abilità dei partecipanti a risolverlo o ad esplorare gli accordi alternativi, pur rimanendo nella correttezza legale, nel rispetto di entrambi i coniugi e senza rinunciare all’empatia.

La gestione dell’incontro non sempre è facile per la coppia, capita allora che qualcuno si sottragga temporaneamente alla seduta. Molte delle cose che vengono dette in mediazione hanno bisogno di essere rielaborate e nell’intervallo tra due incontri ciascuno porta a casa emozioni e decisioni che modella e struttura.

Il mediatore deve tenere anche di conto degli interessi in gioco nella relazione, come afferma anche Cigoli (1998) ciascuno di noi nei conflitti ha degli obiettivi: il raggiungimento di uno scopo e il mantenimento della relazione futura.

Tra due persone il conflitto può raggiungere livelli molto accesi, ma se per due conoscenti la cosa finisce lì e ognuno va per la sua strada, ciò non può avvenire per due genitori. Questi devono poter mantenere il rapporto tra loro dato che hanno in comune il destino dei figli. È qui che sta la differenza tra un mediatore e un altro professionista: il mediatore non si limita a far raggiungere lo scopo alla coppia ma si preoccupa anche dello stato della relazione e di far riallacciare i rapporti, recuperando le responsabilità e la comunicazione per la continuazione dell’esercizio della genitorialità ( Cigoli, 1998).

 

Intervento giudiziale, psicoterapia e mediazione familiare

 

Gli interventi giudiziali, di psicoterapia e di mediazione familiare sono tra loro diversi, sotto il punto di vista degli obiettivi e delle modalità di intervento.

Il problema che attiva un’azione giudiziale è la violazione di una legge oppure la richiesta di essere tutelati. Normalmente tra chi viola un diritto e la controparte nasce un conflitto, che, nel caso di una famiglia, può portare conseguenze non sempre piacevoli soprattutto se ci sono di mezzo dei bambini. L’obiettivo dell’intervento giudiziale è la sentenza che termina il conflitto senza necessariamente trovare un accordo con le parti. Obiettivo del giudice è infatti l’applicazione della legge mentre quello dell’avvocato è la tutela del diritto del suo cliente attraverso l’applicazione della legge.

 

La psicoterapia invece può essere attivata da un disagio, un conflitto familiare o di coppia, una psicopatologia. Fino a qualche anno fa le coppie in via di separazione venivano invitate a effettuare una psicoterapia di coppia, il conflitto non era visto come un normale elemento caratterizzante la coppia. La patologia non fa parte di ogni conflitto, infatti oggi questo può essere considerato un elemento anche positivo e sfruttabile, resta tuttavia da precisare quali siano i conflitti patologiche quali siano normali. Obiettivo finale della psicoterapia è la salute di chi ne fa richiesta, attraverso al ristrutturazione della propria storia per apprendere nuovi strumenti di crescita personale.

 

Il problema che porta ad una richiesta di mediazione familiare è un conflitto familiare che non lascia possibilità di accordo. L’obiettivo della mediazione familiare è dunque l’accordo tra i coniugi stabilendo un dialogo costruttivo, e lo raggiunge tramite un negoziato tra le parti (Busso, 2001).

Anche se i temi sono identici i tre approcci hanno una natura del processo diversa

 

 

Processo Giudiziale

Processo terapeutico

Processo di mediazione

Obiettivo

Vincere

Crescita personale

Accordo

Modalità

Dibattito -sentenza

Ristrutturazione della propria storia

Negoziato

Atteggiamento

Sfiducia, slealtà

Non rilevante

Fiducia, lealtà

Decisione

Giudice

I coniugi insieme o separatamente

I coniugi insieme

Risorse

Paga chi perde

Ricerca personale

Ricerca in comune

Tab. sintesi delle differenze tra i tre approcci. ( Busso, 2001 pag 17)

 

Il fine ultimo della mediazione rimane quindi l’attenuazione della conflittualità, così da recuperare una parità tra i coniugi. La mediazione non è quindi una pratica terapeutica e non ha a che fare con la terapia familiare.

 

Il rapporto con le altre figure professionali

 

Le coppie che giungono alla separazione, spesso investono il giudice del ruolo di “riparatore”, cercano cioè nella figura professionale il modo di ripristinare l’ordine, introducendo grazie al giudizio le disposizioni che un tempo erano condivise con il partner.

Gli operatori del diritto, sono investiti da prepotenti richieste collusive, tensioni emotive e ansie connesse con la disperazione della separazione. Chi opera in questo campo è quindi soggetto a molte influenze dal forte contenuto emotivo ( Mazzei, 2002).

Come rileva Catarsi (2008), i giudici sempre più spesso “prescrivono” la mediazione familiare alle coppie che vi si rivolgono. Tuttavia se da una parte la cosa promuove la mediazione, vi è anche il risvolto della medaglia: le persone inviate talvolta sono coppie che normalmente non intraprenderebbero un percorso di mediazione, che hanno problemi relazionali o una bassa cultura. Anche se hanno un mandato da parte del tribunale tendono ad interrompere il percorso precocemente e solo pochi vanno a termine.

Dalla ricerca di Catarsi emerge anche come in alcuni tribunali vi siano giudici che non conoscono la differenza tra mediatore, il Consulente tecnico di Ufficio (CTU) e il

Consulente tecnico di parte (CTP), creando disagio negli operatori facendo richieste che non possono essere soddisfatte, quanto nella coppia in via di separazione. Emergono anche alcune realtà in cui manca la collaborazione tra il tribunale e i mediatori familiari.

Nonostante negli ultimi anni la situazione sia molto migliorata c’è ancora diversa strada da fare per migliorare i rapporti con i giudici. Va tenuto di conto come il rapporto tra le due figure sia un elemento fondamentale che caratterizza l’identità del servizio di mediazione familiare in Europa. Si veda in Austria, dove la mediazione è concepita come strumento a disposizione del giudice, o in Germania dove è obbligatoria per tutti i coniugi che intendono separarsi (Catarsi, 2008).

Rimane ancora oggi l’atteggiamento di molti giudici e avvocati che si vivono e vengono percepiti come in una posizione di superiorità rispetto ai mediatori anche se dall’altro lato vi è l’acquisizione della consapevolezza dell’utilità di un rapporto con i mediatori.

Paola Ronfani afferma che il risultato prevalente del rapporto tra avocati e mediatori sia, in quasi tutti i paesi europei, di tipo collaborativo.

Gli avvocati, negli anni hanno mosso molte critiche alla mediazione familiare, in particolare è stata ritenuta “ambiziosa” la pretesa del mediatore di porsi come soggetto imparziale, quando nella coppia vi sono asimmetrie evidenti.

Il timore dei giuristi, in effetti, è che la mediazione si diffonda in Italia come prassi “psicologistica”, tesa a un non meglio identificato benessere nelle relazioni post-coniugali a vantaggio del bambino (Catarsi, 2008, p.42).

In realtà molte ricerche dimostrano come la mediazione porti una maggiore consapevolezza nelle persone che ne beneficiano, rispetto a coloro che prendono accordi solo tramite la presenza del giurista. Gli accordi elaborati sono più soddisfacenti per entrambi e vengono mantenuti anche nel passare del tempo, anche se l’accordo sulla divisione dei beni, sulla custodia dei figli ecc. non cambia, cambia l’atteggiamento delle parti (Cigoli,1998) .

Va ricordato che la mediazione è una procedura alternativa alla lite legale e alle altre forme di assistenza terapeutica o sociale.

Ad oggi è stato fatto ancora poco per promuovere la collaborazione tra avvocati, mediatori e giudici, le informazioni sono ancora poche e finisce che ci sono ancora giudici che si aspettano la relazione scritta del mediatore.

Serve quindi ancora molto lavoro per mettere in comunicazione le varie figure che operano nel campo per sfatare aspettative e credenze non sempre fondate.

 

 

5. Toscana: divorzio e mediazione familiare

 

Pubblico e privato nella mediazione familiare

 

In Italia si parla di mediazione familiare solo a partire dalla fine degli anni Ottanta.

Da allora assistenti sociali, psicologi, avvocati e altre figure professionali si sono trovate davanti a questa nuova professione e ad un nuovo bisogno che veniva loro richiesto. Sono nate dunque alcune associazioni di mediazione familiare che provvedevano e provvedono ancora oggi alla formazione dei loro soci.

Nell’ambito privato la mediazione familiare ha il netto vantaggio di essere praticata da professionisti formati specificamente per rispondere a quel bisogno mosso dalla coppia in via di separazione. Si può dire quindi che questi professionisti siano maggiormente qualificati, almeno tecnicamente. La qualificazione culturale e professionale è stato certo uno dei maggiori impegni di chi si è trovato a fare mediazione di fronte a tutte le tematiche sul conflitto ( Francini, Tonellato, 2001).

I centri privati e le associazioni sono diventate promotori di formazione, non soltanto per chi opera nel privato ma anche per chi lavora nel pubblico. Le numerose richieste provenienti dai dipendenti dei Servizi e dalle stesse strutture hanno fatto sì che l’apporto del privato nel pubblico diventasse certamente significativo, eliminando ogni contrapposizione tra le due realtà che operano nella mediazione familiare ( Francini, Tonellato, 2001).

Il primo e più importante obiettivo deve quindi essere la qualità del servizio: il privato ha certamente dalla sua parte una libertà di approfondimento sia scientifico che esperienziale ed opera in un ambiente maggiormente protetto, meno appariscente e meno pubblicizzato a favore della privacy.

Nel concreto l’offerta che un centro di mediazione privato offre è la possibilità di strutturare una collaborazione con le figure professionali coinvolte nel contesto allargato della mediazione, a cominciare dai legali. Si ha quindi un moltiplicarsi di esperienze e una comprensione comune delle problematiche da trattare.

Tra le richieste provenienti dalle strutture pubbliche vi sono le sempre più frequenti richieste di formazione per il personale, richieste provenienti anche da ASL e Comuni. Il centro privato offre quindi formazione personale ma anche un lavoro di supervisione creando uno scambio tra le due realtà ( Francini, Tonellato, 2001).

La famiglia ha quindi bisogno di interventi specialistici e di risposte diversificate a seconda dello specifico problema, senza però rimanere al di fuori della rete dei servizi e delle agenzie del tessuto sociale, cosa che un centro privato soprattutto se è ad orientamento sistemico non può permettersi di fare.

Un centro privato, quindi opera nella formazione di mediatori e di operatori in strutture sia pubbliche che private, può svolgere un lavoro di supervisione e di ricerca, promuove iniziative culturali e di sensibilizzazione alla mediazione, e a tutte le problematiche implicate, verso la popolazione e verso altre figure professionali.

Ma un centro di mediazione privato presenta anche delle problematicità, tra queste vi sono anche i costi e le sue conseguenze. Un servizio costoso opera una selezione nell’utenza, così come una selezione la operano gli invianti (avvocati e giudici). Se per certi aspetti ciò comporta anche un sostegno e una maggiore fiducia del cliente, questa stessa fiducia può rivolgersi contro il mediatore e divenire condizionante per l’implicito obbligo al successo in cui si trova invischiato l’operatore ( Francini, Tonellato, 2001).

Il mediatore familiare nel pubblico ha il vantaggio di poter avere una utenza omogenea, senza “selezioni” in base alla disponibilità di denaro.

Irene Bernardini (1999) di GeA, Genitori Ancora, afferma:

Abbiamo chiesto e ottenuto che la sede fosse accogliente, gradevole. Facciamo di tutto perché le nostre risposte siano tempestive, perché non vi siano attese. Vorremmo trattari bene, questi genitori, anche per sfatare il pregiudizio, purtroppo largamente fondato, che il servizio pubblico sia sinonimo di sciatterie e trafile burocratiche. Vorremmo accoglierli nel migliore dei modi anche perché sono persone che, dietro la maschera del cattivo soffrono molto e, venendo al GeA, accettano, più o meno di buon grado, di esporsi ad un confronto difficile, evitato magari per anni.

L’intervento della Bernardini mostra come vi siano realtà nel pubblico molto attente alle esigenze della coppia in fase di separazione, sono realtà attente anche ai locali e agli ambienti dove si svolge la seduta di mediazione.

Non vi è differenza quindi tra i servizi privati di mediazione familiare e alcuni servizi pubblici.

In Toscana il numero dei servizi legati alla mediazione è in aumento, si pensi che nel 2002 solamente 9 comuni e 10 zone sociosanitarie erogavano il servizio (Istituto degli Innocenti, 2002).

Ad oggi la maggioranza delle zone sociosanitarie ha attivato un servizio di mediazione familiare, rivolto a tutti.

Tuttavia c’è da sottolineare che da una zona all’altra vi è molta differenza sulla diffusione e il radicamento del servizio, ed in alcune zone risulta ancora carente, ma il fenomeno si sta ancora diffondendo e i dati sono incoraggianti (Catarsi 2008).

 

Divorzio, separazione e mediazione familiare in Italia

Il modo di essere e fare famiglia, cambia moltissimo tra società ed epoche, così come cambia il grado di legittimazione del divorzio, rispetto ad altre soluzioni del conflitto e il tipo di motivazione per richiederlo.

Se in alcune società ed epoche era la “colpa” di uno dei coniugi (infedeltà, sterilità ecc.) a motivare una richiesta di divorzio, in altre possono prevalere motivazioni relative alla qualità del rapporto di coppia e avvenire per consenso.

Va inoltre aggiunto che laddove la mortalità era elevata e la speranza di vita bassa lo scioglimento del matrimonio era lasciato ad altri fattori come le emigrazioni e il decesso del partner (Saraceno, Naldini, 2007).

Nelle società come quelle attuali, dove la speranza di vita è alta, le tensioni nella coppia sono aumentate e così come anche le possibilità di conflitto.

La possibilità di divorziare introdotta nella legislazione italiana nel 1970,

si inserisce proprio in un periodo dove i tassi di separazione iniziano a salire con rapidità e diminuisce la durata del matrimonio soprattutto nei coniugi più giovani, più istruiti ed economicamente indipendenti (ISTAT 2008).

Matrimoni, separazioni e divorzi. Anni 1995-2008 (valori assoluti)

Fonte: Istat 2010

 

Dai dati Istat del 2008 risulta che la maggior parte delle separazioni e dei divorzi avviene consensualmente ( nell’86.3% delle separazioni e nel 77.3% dei divorzi), probabilmente per la maggiore rapidità della causa (in media poco più di 5 mesi contro i 2 anni e mezzo della separazione giudiziale) e per i vantaggi economici. La quota più elevata di procedimenti giudiziari nel divorzio mostra un atteggiamento della coppia poco incline al compromesso.

Il divorzio consensuale presume, una visione del rapporto di coppia come simmetrico-egualitario con aspettative di reciprocità e benessere. Cambia quindi il modello del matrimonio e quindi anche di gestione del conflitto coniugale e ciò si rivela anche nel modo in cui il conflitto è gestito nel processo di separazione (Saraceno, Naldini, 2007).

 

 

 

 

 

Procedimenti di separazione e divorzio per rito di chiusura

 

Fonte: Istat 2010

 

Il nuovo modello non attenua la criticità dell’evento: l’enfasi posta sul carattere negativo della separazione ci fa perdere di vista il suo lato positivo (la liberazione da un legame insoddisfacente), viceversa, la sua banalizzazione ci porta a perdere di vista il lato più negativo (il dolore e la perdita).Non è quindi un evento da prendere in modo semplicistico, ma da trattare con le dovute precauzioni (Catarsi 2008).

Gli effetti della separazione chiamano in causa il rapporto con i figli. Emerge quindi la necessità di trattare la fine del legame dal punto di vista della coppia e dell’essere genitori.

Sicuramente i figli vanno protetti dalla scissione dei legami familiari con uno dei genitori (molto spesso il padre), dal conflitto e dalle situazioni in cui i genitori tendono a salvare se stessi, privilegiando l’ascolto e l’attenzione solo verso i propri sentimenti ignorando quelli dei figli.

L’Istat mostra come normalmente la presenza di figli da affidare spinge i coniugi ad una maggiore cautela nell’affrontare i procedimenti giudiziari. Nei casi di affidamento esclusivo nei divorzi con figli minori, in particolare a quelli di affidamento al padre, si registra un aumento della conflittualità e i procedimenti chiusi con rito ordinario salgono fino al 30,4 per cento (Istat 2008).

Figli affidati in separazioni personali per tipo di affidamento e regione – Anno 2009

REGIONI (a)

Tipo di affidamento

Totale

 

 

Esclusivo al padre

Esclusivo alla madre

Condiviso

A terzi

 

 

 

 

 

 

 

 

VALORI ASSOLUTI

 

 

 

 

 

 

 

Piemonte

62

562

4.766

47

5.437

Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste

21

143

2

166

Lombardia

94

1.229

9.299

85

10.707

Liguria

10

161

1.811

21

2.003

Trentino-Alto Adige/Südtirol

7

40

1.243

3

1.293

Bolzano/Bozen

5

31

680

2

718

Trento

2

9

563

1

575

Veneto

41

330

3.868

23

4.262

Friuli-Venezia Giulia

18

134

1.383

9

1.544

Emilia-Romagna

40

362

3.975

42

4.419

Toscana

26

246

3.007

12

3.291

Umbria

2

63

683

2

750

Marche

16

117

1.352

7

1.492

Lazio

47

812

6.065

19

6.943

Abruzzo

13

189

1.198

3

1.403

Molise

6

69

222

297

Campania

63

936

5.186

7

6.192

Puglia

58

756

3.149

12

3.975

Basilicata

6

59

299

4

368

Calabria

19

220

1.195

3

1.437

Sicilia

108

1.167

4.134

46

5.455

Sardegna

23

174

1.010

22

1.229

Italia

659

7.647

53.988

369

62.663

Fonte: Istat 2009

La tendenza a ricorrere alla separazione o al divorzio non è uniforme sul territorio nazionale:

Al Nord ad esempio si rileva un più alto tasso di divorzi e di separazioni, con un elevato incremento nel corso degli anni rispetto al Mezzogiorno.

A livello di regione, la Toscana presenta 5,5 separazioni e 4,2 divorzi ogni 1000 matrimoni, valori, leggermente superiori alla media nazionale, ma comunque distanti da Valle D’Aosta (6,7 separazioni e 5,6 divorzi) e Liguria (7,5 separazioni e 5,1 divorzi).

Le spiegazioni per queste differenze regionali sono molteplici: dal tasso di occupazione femminile, alla partecipazione religiosa.

Numero medio di separazioni per 1.000 matrimoni (tassi di separazione totale) per regione. Anni 1995 e 2008

 

Numero medio di separazioni per 1.000 matrimoni per regione (Tassi di separazione totali). Anni 1995 e 2008.

Fonte: Istat 2010

 

Tuttavia non significa che in alcune aree le unioni coniugali siano più felici, ma piuttosto che gli strumenti che mettono fine al matrimonio che non funziona sono ancora poco accettati a livello socio-culturale (Istat 2008).

Negli ultimi anni le separazioni si sono diffuse in modo molto simile sia al Nord che al Sud dell’Italia. Le differenze regionali permangono anche per quanto riguarda il processo con cui si conclude il divorzio o la separazione: Le coppie che risiedono nel Mezzogiorno ricorrono al rito giudiziale più frequentemente di quelle residenti nel Centro-nord, nel 21,5 per cento dei casi nelle separazioni e nel 20,9 per cento nei divorzi.

Il tipo di procedimento può indicare una più alta conflittualità presente al Sud ma, come rileva l’Istat nel rapporto di Luglio 2010:

Occorre tener presente che il tipo di procedimento è condizionato anche dalla diversa

convenienza determinata dalla durata della causa e dei costi. La procedura che porta alla separazione consensuale o al divorzio congiunto è più semplice, meno costosa e si conclude in minor tempo. Un procedimento consensuale di separazione si esaurisce mediamente in poco più di 150 giorni e uno di divorzio in 250, mentre se si chiude con il rito contenzioso occorrono in media rispettivamente 937 e 508 giorni.

Va anche tenuto presente che, proprio per questa ragione, non sempre una causa di separazione o divorzio termina con lo stesso rito con cui è iniziata. Nel 2008 il 12,2 per cento delle separazioni e il 6,3 per cento dei divorzi si sono chiusi con un rito diverso da quello di apertura. Tra i cambiamenti di rito è più frequente il passaggio dal giudiziale al consensuale e non viceversa. Inoltre, anche il cambio di rito influisce sulla durata delle cause: il passaggio al procedimento consensuale produce, infatti, un notevole effetto di riduzione dei tempi complessivi. (Istat 2010, p.8)

Nel 2006 le separazioni e i divorzi consensuali in Toscana sono stati l’88,7 % mentre i giudiziali l’11,3%. Considerando la media nazionale quindi, la regione si posiziona sopra la media. Lo stesso vale anche per l’affidamento congiunto dei figli che nel 2006 arriva al 48,8%.

Nonostante questo è importante notare come negli anni siano lievemente cresciuti i ricorsi a separazioni giudiziari con un picco nel 2004 e una leggera discesa negli anni successivi.

Un buon Divorzio prevede che entrambi i partners desiderino porre fine alla loro relazione.

La cosa non è semplice poiché ci sarà chi lo desidera di più dell’altro, chi si sentirà più depresso e solo quando entrambi si rendono conto che è la soluzione migliore si ottiene un vero divorzio costruttivo (Santi, 1980).

L’accettazione della necessità del divorzio dovrebbe trovare una concreta espressione nelle trattative sui termini dell’ accordo in modo particolare nei casi in cui vi sono figli o beni da dividere. Tale trattativa dovrebbe essere intrapresa con un sano buon senso sulle proprie necessità e bisogni quanto con uno spirito di lealtà e giustizia.

Solo una attiva partecipazione da parte di entrambi i soggetti fornisce la certezza che qualsiasi accordo sarà raggiunto e accettato.

Un divorzio dovrebbe anche lasciare i coniugi con una equilibrata visione dell’altro e del loro matrimonio.

Ci sono molte coppie divorziate che mantengono ogni tipo di contatto e danno vita ad un divorzio che non è tale e che proprio per questo ha effetti distruttivi su entrambi.

Ci sono poi casi in cui gli antichi conflitti persistono irrisolti nel tempo senza che il processo legale li risolva, anzi spesso li esaspera (Santi, 1980)

Ed è qui che si vede l’importanza fondamentale della mediazione familiare nel divorzio.

Le famiglie coinvolte in attività di mediazione familiare e di sostegno alla coppia in fase di separazione sono passate da 556 nel 2006 a 645 nel 2008, registrando quindi un 16% in più. Il dato, se da una parte, evidenzia una maggiore difficoltà nella gestione dei conflitti, dall’altra mostra un aumento del numero e dell’attenzione dei servizi presenti sul territorio ( Taverniti, Toscana Istituto Innocenti )

Aumentano quindi le attività di mediazione familiare, tanto che nel 2010 la Regione ha dato avvio progetto gestito dal centro Co.Me.Te. per le famiglie chiamato ‘Servizio post-divorzio’.

Per quanto riguarda la diffusione della mediazione familiare nel pubblico la situazione appare sempre migliore considerando che la maggior parte delle zone sociosanitarie della Toscana ha attivato il servizio per i cittadini (Catarsi 2008).

 

 

 

 

6. Analisi dei fabbisogni

 

 

Come si evince dall’analisi sin qui prodotta e dai dati Istat rilevati, non solo negli ultimi anni si è assistito ad un incremento delle separazioni, ma anche e soprattutto ad una presenza maggiore di separazioni e divorzi sempre più conflittuali.

La Legge n. 54 dell’8 Febbraio 2006 sul cosiddetto affido condiviso, è una riforma epocale per il nostro Paese. Essa introduce il concetto di “bigenitorialità” intesa come diritto del figlio ad un rapporto completo, stabile e continuativo, non con uno ma con entrambi i genitori e ciò anche laddove la famiglia attraversi una fase patologica con conseguente disgregazione del legame sentimentale e talvolta anche giuridico dei genitori conviventi.

In altre parole, si riconosce al minore, in nome del suo preminente interesse, il diritto ad una continuità di rapporti con ambo i genitori, anche e soprattutto in corso di separazione.

Sul campo pratico, oggi si giunge al provvedimento di affido per intervento giudiziale solo in seconda battuta, fallito ogni tentativo di accordo tra i genitori.

Sullo sfondo di questo scenario, è cresciuta la richiesta, da parte di famiglie in fase di separazione, di mediare i propri conflitti con l’obiettivo di raggiungere degli accordi che possano tener conto in primis dei bisogni dei bambini; ciò evidenzia sicuramente una maggiore difficoltà nella gestione dei conflitti ma anche un notevole bisogno di formare personale esperto in mediazione familiare.

Da tali esigenze si sviluppano gli intenti del Centro Co. Me. Te di Empoli.

7. I Competitors

 

Dall’indagine di mercato, competitors del Centro Co.Me.Te di Empoli, in qualità di altre agenzie formative in mediazione familiare in Toscana, sono i seguenti:

 

1. ITFF – Istituto di Terapia Familiare di Firenze:

Corso biennale in mediazione Familiare Sistemica patrocinato e riconosciuto dall’A.I.M.S;

Il corso prevede 240 ore complessive, 120 ore per ciascun anno;

Il costo del corso per ciascun anno è :

€ 250,00 + IVA quale iscrizione annuale all’ ITF Firenze;

€ 2.000,00 + IVA se dovuta per Enti, Istituzioni etc.;

€ 1.800,00 + IVA per privati.

 

2. Istituto Centro Method, Perignano:

– Corso biennale in Mediazione familiare sistemica riconosciuto dall’ A.I.M.S. ed accreditato dall’Ordine degli Assistenti Sociali della Toscana;

– Il corso prevede una formazione sia tecnica che pratica di 240 ore suddivise in 120 ore per ogni anno didattico;

– Il costo del corso per ciascun anno è :

– € 250,00 + IVA quale iscrizione annuale;

– € 1.800,00 + IVA Corso per ciascun anno.

 

3. IDA – Istituto Dante Alighieri, Firenze:

– Corso annuale di Mediazione familiare riconosciuto dalla Regione Toscana e dal Forum Europeo.

– La quota a carico dei corsisti è di € 2.800,00;

 

4. Zefiro Società Cooperativa Sociale, Lucca;

Corso annuale in Mediazione familiare riconosciuto dalla S.I.Me.F. e cofinanziato dal FSE;

Corso di 660 ore, di cui 380 ore di formazione in aula e 220 di stage;

La frequenza è gratuita.

 

5. SEF – Società Erich Fromm, Polo Psicodinamiche S. r. l, Prato:

Corso annuale screditato dalla Regione Toscana;

Durata del corso di 600 ore di didattica teorico – pratica;

Costo del corso € 2.800,00.

 

6. C.S.C.P. – Centro Scuole Counseling e psicoterapia:

Corso annuale di esperto Mediatore Familiare riconosciuto dalla regione Toscana e accreditato dall’associazione di categoria A.I.Me.F;

Corso di 600 ore;

Il corso ha un costo di € 2.400,00, + quota annuale di € 50,00 per iscrizione a CSCP Associazione.

 

7. Istituto Mille e Una Meta, Livorno:

Corso annuale di Qualifica Mediatore Familiare riconosciuto dalla Provincia di Grosseto, dalla Regione Toscana e dall’ A.I.Me.F:

Corso di 600 ore di cui 380 ore di formazione in aula e 220 ore di stage;

Costo di € 3.000,00 per l’intero corso.

 

8. Istituto Internazionale di Sessuologia, Firenze:

Corso in Mediazione Sociale e familiare;

Durata del corso di 100 ore;

Il costo è di € 1.700 + IVA.

 

9. Scuola di Psicoterapia Comparata, Firenze:

Corso annuale in Mediazione Familiare accreditato dall’Associazione Italiana Mediatori Familiari (AIMeF);

Il corso è di 176 ore + 40 di project work con tutoraggio e 44 ore di FAD, per un totale di 260 ore di formazione;

Il costo del corso è di € 1.800,00 esente IVA.

 

10. ISFAR – Istituto Superiore Formazione Aggiornamento e Ricerca:

Corso annuale di Mediatore familiare ad indirizzo globale accreditato dall’Associazione Mediatori Familiari AIMeF riconosciuto dall’Associazione Mediatori Relazionali;

Il costo del corso è di € 1.650,00.

 

8. Offerta Formativa Centro Co.Me.Te di Empoli

Centro Co. Me. Te di Empoli:

Corso biennale di Mediazione Familiare Sistemica riconosciuto dall’A.I.M.S. accreditato dall’Ordine degli Assistenti Sociali della Toscana;

Ore complessive del corso 240,120 ore per ciascun anno;

Costo dei corsi per ciascun anno:

€ 250, 00 + IVA per iscrizione annuale

€ 1.800,00 + IVA per ciascun anno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Appendice

Statuto SIMEF

SOCIETA’ ITALIANA DI MEDIAZIONE FAMILIARE In sigla SIMEF

TITOLO I – COSITUZIONE, SCOPI, SEDE E DURATA

Art. 1 (Costituzione)

è costituita l’Associazione “SOCIETA’ ITALIANA DI MEDIAZIONE FAMILIARE” in sigla “SIMEF”.

L’Associazione ha sede in Roma, Via Nomentana n. 164.

L’Associazione è apolitica e non persegue fini di lucro.

Art. 2 (Scopi)

L’Associazione si propone:

a) di promuovere e coordinare l’attività professionale della Mediazione Familiare secondo i criteri definiti dal codice deontologico del Mediatore Familiare e del Documento di Fondazione dell’Associazione stessa, allegati al presente Statuto;

b) di definire i requisiti professionali e indicare gli obiettivi, le linee guida e i percorsi specifici del processo formativo del Mediatore Familiare;

c) di promuovere e coordinare le attività formative nell’ambito della Mediazione Familiare;

d) di promuovere convegni, seminari, dibattiti, ricerche, pubblicazioni ed ogni altra iniziativa tesa alla diffusione della Mediazione Familiare

Art. 3 (Associazione)

L’Associazione può diventare socio di istituzioni o associazioni, anche internazionali, che perseguano analoghe finalità.

Art. 4 (Sezioni)

L’Associazione può costituire sezioni in altre sedi

L’attività e il coordinamento delle sezioni sono disciplinati da un apposito regolamento proposto dal Comitato Direttivo e approvato dall’Assemblea Generale dei Soci.

Art. 5 (Durata)

L’Associazione ha durata illimitata.

Lo scioglimento dell’Associazione può avvenire con le modalità indicate nel presente statuto.

TITOLO II – Patrimonio sociale

Art. 6 (Patrimonio sociale)

Il patrimonio sociale è costituito:

a) dalle quote degli associati nella misura fissata ogni anno dal Comitato Direttivo;

b) dai contributi o elargizioni di enti o privati;

c) dagli eventuali introiti di iniziative culturali o editoriali associative;

d) da convenzioni con Enti pubblici o privati.

Art. 7 (Bilancio)

Il bilancio dell’Associazione comprende l’esercizio corrente dal 1° gennaio al 31 dicembre di ogni anno

Il bilancio consuntivo e preventivo è predisposto dal Comitato Direttivo e approvato dall’Assemblea Generale dei Soci entro il 31 maggio di ogni anno.

TITOLO III – (Soci dell’Associazione)

Art. 8 (Soci)

1. I Soci dell’Associazione i dividono in:

– Soci fondatori

– Soci ordinari

– Soci onorari

– Soci sostenitori

Sono Soci fondatori i firmatari dell’atto costitutivo.

Sono Soci ordinari coloro che esercitano l’attività di Mediatore Familiare, in Italia o all’estero, sono in possesso dei requisiti richiesti dal profilo professionale, hanno completato l’iter formativo specifico e aderiscono al codice deontologico. I suddetti requisiti devono essere verificati da un’apposita commissione di tre membri designata dal Comitato Direttivo.

Sono Soci onorari gli studiosi e i professionisti, italiani e stranieri, che si siano distinti con atti e iniziative di particolare interesse a favore dell’Associazione. I soci onorari devono essere proposti da almeno tre membri del Comitato Direttivo.

Sono Soci sostenitori quanti, persone fisiche, Centri, Associazioni, Servizi o Enti – pubblici o privati – desiderano contribuire economicamente alla realizzazione degli scopi dell’Associazione.

Art. 9 (Diritti dei Soci onorari e dei Soci sostenitori)

1. I Soci onorari e i Soci sostenitori hanno diritto ad una costante informativa dell’attività ed iniziative dell’Associazione, nonché a ricevere gratuitamente ogni eventuale pubblicazione associativa.

2. I Soci onorari e i Soci sostenitori possono partecipare, senza diritto di voto, all’Assemblea Generale dell’Associazione.

Art. 10 (Quota associativa)

1. I Soci ordinari sono tenuti al versamento di una quota annuale nell’ammontare deliberato dal Comitato Direttivo.

Art. 11 (Decadenza)

1. La qualità di Socio si perde per:

a) dimissioni volontarie;

b) comportamento che danneggia l’Associazione moralmente o materialmente, in via diretta o mediata;

c) grave inosservanza delle norme di legge, statutarie o regolamentari, inerenti all’attività dell’Associazione, con particolare riguardo ai requisiti professionali e al codice deontologico allegati al presente Statuto;

d) mancato pagamento della quota associativa annua.

2. Le condizioni che danno luogo alla decadenza sono accertate dal Comitato Direttivo che adotta in proposito una formale deliberazione di decadenza.

Il Socio che decade o recede dall’Associazione non ha diritto alla restituzione delle quote associative versate.

TITOLO IV – Organi dell’Associazione

Art. 12 (Organi)

1. Sono organi dell’Associazione:

a) Il Comitato dei Soci fondatori;

b) Il Presidente e il Vice Presidente dell’Associazione;

c) L’Assemblea Generale;

d) Il Comitato Direttivo;

e) Le Commissioni Scientifiche;

f) Il Collegio dei Revisori;

g) Il Collegio dei Probiviri.

Art. 13 (Comitato dei Soci fondatori)

1. Il Comitato dei Soci fondatori può proporre al Comitato Direttivo modifiche statutarie.

2. Il Comitato dei Soci fondatori si riunisce per deliberare su quanto indicato nel comma precedente su convocazione del Socio fondatore più anziano e delibera con il voto favorevole della maggioranza dei suoi componenti. Le riunioni sono valide se sono presenti almeno i due terzi dei soci fondatori.

Art. 14 (Presidente dell’Associazione)

1. Il Presidente dell’Associazione rappresenta legalmente l’Associazione nei confronti dei terzi e in giudizio.

2. Il Presidente:

a) presiede l’Assemblea Generale dei Soci e il Comitato Direttivo;

b) può adottare provvedimenti d’urgenza nell’ambito delle attribuzioni del Comitato Direttivo;

c) può delegare parte dei suoi poteri al Vice Presidente;

d) sovrintende all’esecuzione delle deliberazioni dell’Assemblea Generale dei Soci e del Comitato Direttivo;

e) nomina un segretario scelto tra i soci dell’Associazione, che partecipa ai lavori del Comitato Direttivo redigendone i verbali, ma senza diritto di voto.

Il Presidente dura in carica tre anni ed è rieleggibile consecutivamente una sola volta. Può altresì essere rieletto non consecutivamente. E’ eletto dall’Assemblea Generale tra i soci fondatori o tra i soci ordinari con almeno 7 anni consecutivi di iscrizione all’Associazione. Deve inoltre aver fatto parte del comitato Direttivo per almeno un mandato. I candidati devono presentare la propria candidatura almeno 60 giorni prima della data di svolgimento dell’assemblea, inviandola alla Presidenza in carica che si impegna a diffonderla tempestivamente tra i soci, anche a mezzo sito web. La candidatura deve essere corredata da un curriculum professionale, con particolare riferimento all’attività specifica nel campo della Mediazione Familiare, ivi compresa l’attività didattica, e dal programma che il candidato intende svolgere nel caso di elezione. Per la validità dell’elezione, che si svolge a scrutinio segreto e con l’indicazione di un solo nominativo, il candidato deve ricevere al primo scrutinio il voto di almeno i due terzi dei votanti, della metà dei votanti più uno nel secondo scrutinio, della maggioranza dei voti validi a partire dal terzo scrutinio. Il candidato deve essere presente all’Assemblea.

 

Art. 15 (Vice Presidente)

1. Il Vice Presidente sostituisce il Presidente in caso di temporaneo impedimento.

Il Vice Presidente è eletto dal Comitato Direttivo al suo interno, con la maggioranza semplice dei voti.

 

Art. 16 (Assemblea Generale dei Soci)

 

1. L’Assemblea Generale dei Soci è composta da tutti i Soci fondatori e ordinari dell’Associazione in regola con il pagamento delle quote associative.

L’Assemblea Generale delibera su tutte le questioni di carattere generale che non siano di specifica competenza di altri organi ed esprime pareri e proposte in ordine alle attività associative ed alla composizione delle Commissioni scientifiche.

L’Assemblea Generale elegge con le modalità previste nei rispettivi articoli del presente Statuto:

– il Presidente

– il Comitato Direttivo

– il Collegio dei Revisori

– il Collegio dei Probiviri

L’Assemblea Generale su proposta del comitato Direttivo:

a) approva le modifiche statutarie con maggioranza dei due terzi dei presenti;

b) approva i regolamenti inerenti la gestione dell’Associazione;

c) approva il bilancio consuntivo e preventivo dell’Associazione;

d) delibera lo scioglimento dell’Associazione;

e) approva l’ammissione o l’esclusione dei soci.

L’Assemblea Generale si riunisce ordinariamente una volta l’anno, su convocazione del Presidente dell’Associazione.

L’Assemblea Generale deve essere convocata in via straordinaria dal Presidente dell’Associazione quando ne facciano richiesta il Comitato dei Soci fondatori, il Comitato Direttivo, o almeno un quinto dei soci ordinari.

L’avviso di convocazione è inviato al domicilio dei Soci almeno quindici giorni prima della data fissata per l’adunanza. L’avviso deve contenere l’indicazione del luogo, giorno ed ora dell’adunanza e l’ordine del giorno degli argomenti da trattare.

Le riunioni dell’assemblea Generale sono valide se ad esse partecipano, in prima convocazione, i due terzi degli aventi diritto al voto; in seconda convocazione qualunque sia il numero dei partecipanti.

Ciascun Socio ha un solo voto e, nel caso in cui non possa partecipare, può farsi rappresentare da un altro socio che non ricopra cariche sociali. In nessun caso un Socio può avere più di una delega. Non sono ammesse deleghe nell’elezione delle cariche sociali.

L’Assemblea Generale è presieduta dal Presidente dell’Associazione e delibera a maggioranza dei votanti, fatta eccezione per i casi previsti dal presente Statuto.

 

Art. 17 (Comitato Direttivo)

1. Il Comitato Direttivo è eletto dall’Assemblea Generale. E’ composto da sette membri che durano in carica tre anni e possono essere rieletti. I membri sono scelti tra i soci fondatori o tra i soci ordinari con almeno cinque anni consecutivi di iscrizione all’Associazione. I candidati devono presentare la propria candidatura almeno 60 giorni prima della data di svolgimento dell’assemblea, inviandola alla Presidenza in carica che si impegna a diffonderla tempestivamente tra i soci, anche a mezzo sito web. La candidatura deve essere corredata da un curriculum professionale, con particolare riferimento all’attività specifica nel campo della Mediazione Familiare, ivi compresa l’attività didattica, e dal programma che il candidato intende svolgere nel caso di elezione. In caso di presentazione di un numero di candidature inferiore a sette è possibile presentare la candidatura fino al momento dello svolgimento dell’Assemblea. I candidati devono essere presenti all’Assemblea. L’elezione si svolge a scrutinio segreto: ogni votante può indicare fino ad un massimo di quattro nominativi scelti tra i candidati presentati: risultano eletti i sette candidati che hanno ricevuto più voti.

Il Comitato Direttivo:

a) elegge al suo interno il Vice Presidente dell’associazione;

b) esegue le deliberazioni dell’assemblea Generale;

c) propone il bilancio preventivo e consuntivo nonché tutte le altre questioni da sottoporre all’approvazione dell’Assemblea Generale;

d) nomina i componenti delle Commissioni scientifiche;

e) propone l’ammissione e l’esclusione di tutti i Soci da sottoporre all’approvazione dell’Assemblea Generale;

f) propone i regolamenti interni dell’Associazione e delle sezioni regionali da sottoporre all’approvazione dell’assemblea Generale;

g) propone le modifiche statutarie da sottoporre all’Assemblea;

h) nomina al suo interno un tesoriere che dura in carica tra anni.

Le riunioni del Comitato Direttivo non sono valide se ad esse non partecipa almeno la maggioranza dei suoi componenti.

Il Comitato Direttivo, salvo ove previsto diversamente, delibera a maggioranza dei presenti.

Art. 18 (Commissioni scientifiche)

1. Le Commissioni scientifiche esprimono pareri consultivi su tutte le iniziative dell’Associazione aventi rilevanza culturale, scientifica e professionale inerenti ai problemi di cui si occupano.

Le Commissioni scientifiche sono composte dai Soci che, per specifica e provata esperienza, siano incaricati dal Comitato Direttivo di elaborare particolari indirizzi dell’Associazione nonché le linee guida per gli interventi in ambito operativo da sottoporre all’approvazione del Comitato Direttivo e al parere dell’Assemblea Generale dei Soci.

Le Commissioni scientifiche sono temporanee, la loro atività e la loro durata sono definite da un apposito regolamento predisposto dal Comitato Direttivo e approvato dall’Assemblea Generale.

Art. 19 (Collegio dei Revisori)

1. Il Collegio dei Revisori è composto da tre membri effettivi e due supplenti, eletti anche tra i non associati dall’Assemblea Generale dei Soci e dura in carica tre anni.

Il Collegio dei Revisori predispone annualmente una relazione che viene allegata ai bilanci in occasione della loro approvazione da parte dell’Assemblea Generale dei Soci.

Art. 20 (Collegio dei Probiviri)

1. Il Collegio dei Probiviri è composto da tre membri effettivi e due supplenti eletti dall’Assemblea per un triennio. I membri effettivi eleggono tra di loro il Presidente al quale compete la convocazione del Collegio. Il Collegio giudica inappellabilmente, senza formalità e secondo equità, su ogni controversia tra i soci, tra i soci e gli organi dell’Associazione e su quanto attiene all’osservanza del presente Statuto.

TITOLO V – Scioglimento dell’associazione

Art. 21 (Scioglimento dell’Associazione)

1. Lo scioglimento dell’Associazione è deliberato dall’Assemblea Generale su proposta del Comitato Direttivo adottata a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti.

2. Nel deliberare lo scioglimento dell’Associazione, l’Assemblea Generale provvede alla nomina di uno o più liquidatori determinandone i poteri.

L’Assemblea Generale determina la destinazione del patrimonio a beneficio pubblico, escluso qualsiasi vantaggio per persone singole o privati associati.

TITOLO VI – Norme finali

Art. 22 (Gratuità delle cariche associative)

 

1. Tutte le cariche associative sono esercitate gratuitamente salvo gli eventuali rimborsi spese.

Art. 23 (Rinvio)

1. Per tutto quanto non previsto nel presente Statuto si fa riferimento al Codice Civile ed alle disposizioni di legge in materia.

 

Statuto AIMEF

Art. 1 Denominazione e scopi

E’ costituita la “Associazione Italiana Mediatori Familiari”, in abbreviato AIMeF. L’Associazione Italiana Mediatori Familiari ha sede in Milano, corso Sempione n. 8. L’Associazione ha per scopo quello di riunire i professionisti che si occupano di mediazione familiare nella tutela della figura professionale del Mediatore Familiare.

In particolare, l’Associazione Italiana Mediatori Familiari si porrà i seguenti obiettivi:

tutelae la figura professionale del mediatore familiare riunendo i professionisti che si occupano di mediazione familiare in uno spirito di cooperazione e valorizzazione delle differenze individuali e professionali;

stabilire i criteri essenziali della figura del mediatore familiare e dell’esercizio della mediazione familiare, nonché di verificare il corretto e qualificato esercizio della prestazione professionale effettuata;

favorire il perfezionamento professionale dei mediatori familiari attraverso attività di informazione, scambio, arricchimento e confronto a livello nazionale e internazionale;

diffondere e tutelare i principi teorici e i criteri di esercizio della figura del mediatore familiare;

realizzare le seguenti attività specifiche:

un bollettino informativo riguardante sia le disposizioni legislative, le ricerche nel settore e le esperienze professionali, sia le informazioni sui soci e i loro indirizzi, nonché tutto ciò che possa coinvolgere e interessare l’intervento dei professionisti della mediazione familiare;

l’organizzazione di convegni e assemblee;

favorire l’elaborazione di un codice deontologico comune e norme professionali di categoria.

L’Associazione Italiana Mediatori Familiari non ha scopo di lucro. La durata dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari è stabilita dalla data dell’atto costitutivo fino al 31/12/2005 e potrà essere prorogata dall’Assemblea dei Soci Promotori fino al raggiungimento degli scopi per cui è stata costituita.

L’Associazione Italiana Mediatori Familiari, nel perseguimento degli scopi sociali, potrà collaborare con enti pubblici e privati per la programmazione e la realizzazione di iniziative che rientrino nelle finalità dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari stessa. Qualora sia ritenuto opportuno l’Associazione Italiana Mediatori Familiari potrà collaborare ed appoggiarsi ad altre associazioni che perseguono analoghe finalità.

 

Art. 2 – Soci

I soci sono di due categorie: Promotori ed Effettivi. Possono essere soci coloro che hanno compiuto il diciottesimo anno di età ed abbiano conseguito il titolo di Mediatore Familiare attraverso un corso di formazione professionale accreditato dal Forum Europeo Formazione e Ricerca in Mediazione Familiare, nonché coloro che possano dimostrare, avendo un titolo di formazione alla mediazione familiare precedente alla costituzione del Forum Europeo Formazione e Ricerca in Mediazione Familiare (1997) e perciò non accreditato dal suddetto Forum, ma rispettoso degli artt. 14-15-16-17-18 del presente statuto, di esercitare la professione di mediatori familiari nel rispetto dei criteri fissati nel presente statuto.

L’ammissione dei nuovi soci viene deliberata dal Consiglio Direttivo su domanda dell’interessato. L’iscrizione nel Libro dei Soci avviene al momento della delibera di ammissione da parte del Consiglio Direttivo. Non è consentita la temporaneità della partecipazione alla vita associativa.

 

Soci promotori

Sono soci promotori le persone fisiche che, già riconoscendosi e essendo in linea con artt. 14-15-16-17-18 del presente statuto, nonché esercitando la professione di mediatori familiari nel rispetto dei criteri fissati nel presente statuto, hanno partecipato alla costituzione dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari. Possono essere inoltre cooptate dal Comitato dei Promotori le persone fisiche già socie che, in virtù dell’opera prestata e/o specifica competenza, si rivelino di particolare rilievo e utilità al fine del raggiungimento dello scopo dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari. I soci promotori si impegnano a rispettare lo statuto e al pagamento della quota associativa annua. I soci promotori hanno diritto di partecipazione e di voto alle assemblee ordinarie e straordinarie.

 

Soci effettivi

Sono soci effettivi le persone fisiche che partecipano all’attività dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari. I soci effettivi si impegnano a rispettare lo statuto e al pagamento della quota associativa. I soci effettivi hanno diritto di partecipazione e di voto alle assemblee ordinarie e straordinarie.

La qualità di socio promotore o effettivo si perde per esclusione, per recesso e per mancato versamento della quota annuale. Il recesso è consentito a qualsiasi socio in qualsiasi momento e deve essere comunicato al Consiglio Direttivo per lettera raccomandata. L’esclusione è deliberata per qualsiasi socio, nei confronti di coloro che danneggino moralmente e materialmente l’Associazione Italiana Mediatori Familiari e nei confronti di coloro per cui sia stato accertato da parte del Consiglio Direttivo ed effettivamente dimostrato il mancato rispetto del presente statuto.

 

Art. 3 – Patrimonio e mezzi finanziari

L’Associazione Italiana Mediatori Familiari trae i mezzi per finanziare la propria attività: dalle quote associative; da contributi straordinari dei soci in denaro o beni determinati dall’Assemblea; da sovvenzioni e contributi Comunitari, Statali, Regionali, Provinciali, Comunali sia in denaro, sia in beni, sia in servizi; da donazioni, elargizioni, lasciti, contributi di persone, associazioni, società, enti pubblici e privati, italiani e stranieri; dall’eventuale svolgimento di attività commerciali finalizzate agli scopi di cui all’art.1. Il patrimonio dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari è costituito da: beni mobili e immobili di proprietà dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari e da ogni residuo di esercizio. E’ vietata la distribuzione, anche in modo indiretto, di utili, avanzi di gestione, nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte per legge. L’Associazione Italiana Mediatori Familiari potrà ricorrere al credito pubblico e privato sotto forma di prestiti, mutui, anticipazioni su fatture e contributi, scoperti di conto corrente e quanto altro necessario per lo svolgimento dell’attività; eventuali prestiti da parte dei soci ad amministratori sono da ritenersi infruttiferi. Le quote associative sono dovute per l’anno solare. Le quote associative sono dovute dai vecchi soci entro mesi uno dalla data di approvazione del bilancio preventivo e dai nuovi soci entro quindici giorni dalla delibera di accettazione della domanda. La quota associativa è intrasmissibile ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non è rivalutabile. Coloro che diventano soci nel corso dell’anno solare sono tenuti al versamento della quota per intero. I versamenti effettuati a qualsiasi titolo dai soci deceduti, receduti o esclusi non saranno rimborsati. Il mancato versamento della quota associativa nei termini previsti comporta il recesso. In caso di scioglimento dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari per qualunque causa, il patrimonio dell’ente sarà devoluto ad altre associazioni con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, sentito l’organismo di controllo di cui all’art.3, comma 190, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e salvo diversa destinazione imposta dalla legge, nel rispetto degli art. 31 e 32 del Codice Civile.

 

Art. 4 – Organi sociali

Soo organi dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari: il Presidente, il Vice Presidente, il Tesoriere, il Consiglio Direttivo, il Comitato dei Promotori, l’Assemblea dei soci. Tutte le cariche sociali sono gratuite. Il Consiglio Direttivo può attribuire emolumenti a persone che rivestono particolari funzioni, anche se membri del Consiglio Direttivo stesso.

 

Art. 5 – Il Presidente dell’Associazione

Il Presidente dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari è il Presidente del Consiglio Direttivo e viene eletto all’interno dei suoi membri. Il Presidente dell’Associazione è investito di tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione, ha la rappresentanza legale della stessa di fronte a terzi ed in giudizio per tutte le operazioni occorrenti al funzionamento dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari, secondo lo scopo statutario. Per l’apertura e la chiusura di conti correnti bancari o postali o per operazioni finanziarie il Presidente dispone su delibera del Consiglio Direttivo, che ne determina limiti e poteri. Il Presidente potrà assumere provvedimenti di urgenza da ratificarsi da parte del Consiglio Direttivo entro trenta giorni.

 

Art. 6 – Il Vice Presidente

Il Vice Presidente è eletto all’interno del Consiglio Direttivo. Il Vice Presidente sostituisce il Presidente in caso di impedimento, di assenza o di negligenza nel rispetto dello statuto e del regolamento. Nel caso in cui venga a mancare il Presidente durante il periodo di carica, ne assume compiti e poteri fino a nomina di un nuovo Presidente da realizzarsi entro trenta giorni.

 

Art. 7 – Il Tesoriere

Il tesoriere è eletto all’interno del Consiglio Direttivo. E’ il responsabile del controllo amministrativo dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari. Provvede al corretto mantenimento dei libri contabili e sociali, aggiorna il Presidente sull’andamento economico e finanziario dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari.

 

Art. 8 – Consiglio Direttivo

Il Consiglio Direttivo è composto da cinque membri, eletti dall’Assemblea dei soci all’interno dei soci Promotori ed Effettivi dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari stessa. I membri eletti devono accettare formalmente l’incarico ricevuto. La nomina a membro del Consiglio Direttivo può essere revocata con le stesse modalità della elezione. Il Consiglio rimane in carica per tre esercizi sociali.

Nella sua prima adunanza il Consiglio Direttivo nomina all’interno dei suoi membri, il Presidente, il Vice Presidente e il Tesoriere. Nel caso venga a mancare un membro del Consiglio Direttivo durante il periodo di carica, questo dovrà essere reintegrato da apposita delibera del Consiglio Direttivo, tenuto conto del primo dei non eletti.

Il Consiglio Direttivo è investito di tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione: attua le deliberazioni dell’Assemblea Generale; definisce il programma dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari e ne cura l’attuazione; determina le quote associative annue; nomina i responsabili per particolari incarichi; delibera sull’ammissione e l’esclusione dei soci; presenta all’Assemblea dei Soci lo schema di bilancio consuntivo e preventivo ed i programmi di lavoro; procede all’assunzione di impiegati e dipendenti, determinandone la retribuzione; redige e modifica il regolamento interno da presentare all’approvazione della Assemblea dei Soci; redige e propone modifiche al presente statuto; propone lo scioglimento dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari; delibera su ogni questione di rilevante interesse per l’Associazione Italiana Mediatori Familiari.

Il Consiglio si riunisce tutte le volte che il Presidente lo ritenga necessario o che ne sia fatta richiesta motivata al Presidente da almeno due dei suoi membri e comunque almeno una volta all’anno per la redazione del bilancio annuale consuntivo, di quello preventivo e per le determinazione dell’ammontare delle quote sociali.

In caso di richiesta di convocazione motivata da parte di almeno due membri, il Presidente deve convocare il Consiglio entro trenta giorni dalla data di ricevimento della richiesta formulata per lettera raccomandata. Il Consiglio direttivo è validamente costituito con la presenza della maggioranza dei suoi membri e delibera a maggioranza dei presenti. In caso di parità delle votazioni, il voto del Presidente ha valore doppio.

Il Consiglio direttivo si convoca mediante lettera raccomandata dell’Avviso di Convocazione contenente l’ordine del giorno, inviata almeno quindici giorni prima di quello stabilito per l’adunanza. All’interno del Consiglio Direttivo non è consentita la rappresentanza per delega. Il Consiglio è presieduto dal Presidente, in sua assenza dal Vice Presidente e, in assenza di entrambi, dal membro più anziano d’età. Colui che presiede il Consiglio nomina al suo interno un segretario. Delle riunioni del Consiglio verrà redatto, su apposito libro, il relativo verbale, che verrà sottoscritto da colui che presiede e dal Segretario. Il verbale delle riunioni del Consiglio Direttivo dovrà essere a disposizione dei soci per consultazione presso la sede sociale.

 

Art. 9 – Il Comitato dei Promotori

Il Comitato dei Promotori è un organo consultivo. E’ composto da tutti i Soci Promotori. Il Comitato dei Promotori si riunisce almeno una volta l’anno su convocazione del Presidente dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari. Esso delibera sull’ammissione e sull’esclusione dei Soci Promotori, rivolge raccomandazioni al Consiglio Direttivo sull’attività dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari. Esprime pareri su questioni di particolare rilievo che gli siano sottoposte dal Consiglio Direttivo, in particolare deve esprimere un parere sulle modifiche da apportare allo statuto, al regolamento e sullo scioglimento anticipato dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari. Il parere del Comitato dei Promotori non è vincolante. Il Comitato dei Promotori è validamente costituito con la presenza di almeno la metà più uno dei suoi membri e delibera a maggiornaza dei presenti. Non è ammessa la rappresentanza per delega.

Art. 10 – Assemblea dei soci

 

L’Assemblea dei Soci è l’organo sovrano dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari. L’Assemblea dei Soci può essere ordinaria e straordinaria. L’Assemblea Ordinaria e Straordinaria dei soci è composta da tutti i soci promotori e effettivi dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari.

L’Assemblea Ordinaria dei Soci deve essere convocata almeno una volta all’anno dal Consiglio Direttivo entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio sociale per l’approvazione del bilancio consuntivo e preventivo. Per particolari esigenze l’assemblea di approvazione del bilancio può essere convocata entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio sociale. L’Assemblea Ordinaria ha funzione consultiva sull’attività dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari, approva il bilancio consuntivo e preventivo, elegge e reintegra il Consiglio Direttivo. L’Assemblea Ordinaria dei Soci è convocata dal Presidente dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari di propria iniziativa, su richiesta scritta e motivata del Consiglio Direttivo o su richiesta scritta e motivata di almeno un quarto dei soci effettivi. In questi ultimi due casi il Presidente dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari deve convocare l’assemblea entro trenta giorni dalla data di ricevimento della richiesta. L’Assemblea Ordinaria si convoca mediante lettera raccomandata o fax dell’Avviso di Convocazione contenente l’ordine del giorno, inviati almeno quindici giorni prima di quello stabilito per l’adunanza.

Hanno diritto ad intervenire all’Assemblea Ordinaria tutti i soci Promotori ed Effettivi iscritti da più di quattro mesi nel libro dei soci e in regola con il pagamento delle quote sociali. Ogni socio può rappresentare all’interno della Assemblea Ordinaria un altro socio anche se membro del Consiglio Direttivo, salvo, in questo caso, per le deliberazioni in merito alla responsabilità dei consiglieri. L’Assemblea Ordinaria è presieduta dal Presidente del Consiglio Direttivo, in sua assenza dal Vice Presidente e, in assenza di entrambi, il Presidente è scelto e nominato dall’Assemblea stessa nell’ambito del Comitato Direttivo. Colui che presiede l’Assemblea nomina un Segretario e, se lo ritiene necessario, due scrutatori. Spetta a chi presiede l’Assemblea constatare la regolarità delle deleghe e, in generale, il diritto di intervento all’Assemblea. Delle riunioni di Assemblea si redige un verbale firmato dal Presidente, dal Segretario e dagli eventuali scrutatori. Il verbale delle riunioni dell’Assemblea dei Soci dovrà essere a disposizione dei soci per la consultazione presso la sede legale. Le Assemblee Ordinarie sono validamente costituite, se regolarmente convocate, in prima convocazione con la presenza di almeno la metà degli associati, intervenuti o rappresentati per delega; in seconda convocazione, qualunque sia il numero dei soci intervenuti o rappresentati. Le Assemblee Ordinarie deliberano con la maggioranza dei voti dei soci intervenuti o rappresentati.

L’Assemblea Straordinaria delibera su: modifica dello statuto, approvazione e modifica del regolamento, scioglimento dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari. L’Assemblea Straordinaria dei soci è convocata dal Presidente dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari di propria iniziativa, su richiesta motivata del Consiglio Direttivo o su richiesta scritta e motivata di almeno un quarto dei soci effettivi. In questi ultimi due casi il Presidente dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari deve convocare l’Assemblea entro trenta giorni dalla data di ricevimento della richiesta, inviata per raccomandata o fax. L’Assemblea Straordinaria si convoca mediante lettera raccomandata o fax dell’Avviso di Convocazione contenente l’ordine del giorno, inviati almeno quindici giorni prima di quello stabilito per l’adunanza. Hanno diritto ad intervenire all’Assemblea Straordinaria tutti i soci iscritti da più di quattro mesi nel libro dei soci e in regola con il pagamento delle quote sociali. Nell’ambito dell’Assemblea Straordinaria non è consentita la rappresentanza per delega.

L’Assemblea Straordinaria è presieduta dal Presidente del Consiglio Direttivo, in mancanza dal Vice Presidente. Colui che presiede l’Assemblea nomina un Segretario e, se lo ritiene necessario, due scrutatori. Spetta a chi presiede l’Assemblea constatare la regolarità del diritto di intervento all’Assemblea. Delle riunioni di Assemblea si redige un verbale firmato dal Presidente, dal Segretario e dagli eventuali scrutatori. Il verbale delle riunioni della Assemblea dei Soci dovrà essere a disposizione dei soci per la consultazione presso la sede legale. Le Assemblee Straordinarie, se regolarmente convocate, sono valide con la presenza di almeno tre quarti degli associati e deliberano a maggioranza dei due terzi degli intervenuti. Per assumere decisioni relative a modifica dello statuto, approvazione e modifica del regolamento, scioglimento dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari è necessario il parere non vincolante espresso dal Comitato dei Promotori. In caso di scioglimento dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari, l’Assemblea Straordinaria dei Soci, assumendo la deliberazione definitiva di messa a liquidazione, nominerà uno o più liquidatori.

 

Art. 11 – Esercizio Sociale – Bilancio

L’esercizio sociale si chiude al 31 dicembre di ogni anno. Entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio, il Consiglio Direttivo deve presentare all’Assemblea dei Soci per la approvazione il rendiconto economico finanziario, la relazione sulla gestione e il bilancio preventivo. Il suddetto termine può essere prorogato di tre mesi in caso di particolari necessità, nei quindici giorni precedenti alla data di convocazione dell’Assemblea per l’approvazione del bilancio. Una copia del rendiconto economico-finanziario, della relazione sulla gestione e del bilancio preventivo devono essere a disposizione dei soci per la consultazione presso la sede legale.

 

Art. 12 – Disposizioni generali e finali

In caso di scioglimento, il patrimonio sociale sarà devoluto ad Enti senza scopi di lucro operanti con analoghe finalità.

 

Art. 13 – Controversie

Le controversie che dovessero insorgere all’interno dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari dovranno essere prioritariamente sottoposte a un tentativo di mediazione/conciliazione effettuato da un professionista scelto all’esterno dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari e votato dall’Assemblea dei Soci.

Solo nel caso in cui i tentativi di mediazione/conciliazione non raggiungano lo scopo si farà riferimento alle disposizioni di legge in materia.

 

Art. 14 – Definizioni

“Mediatore familiare”: terza persona imparziale, qualificata e con una formazione specifica che agisce in modo tale da incoraggiare e facilitare la risoluzione di una disputa tra due o più persone in un processo informale e non basato sul piano antagonista vincitore-perdente, il cui obiettivo è di aiutare le parti in lite a raggiungere un accordo direttamente negoziato, rispondente ai bisogni e agli interessi delle parti e di tutte le persone coinvolte nell’accordo. L’accordo raggiunto dovrà essere volontario, mutualmente accettabile e durevole. Il mediatore si applicherà affinché l’autorità decisionale resti alle parti. Il ruolo del mediatore familiare comporta fra l’altro il compito di assistere le parti nell’identificare le questioni, di incoraggiare la loro abilità nel risolvere i problemi ed esplorare accordi alternativi, sorvegliandone la correttezza legale, ma in autonomia dal circuito giuridico e nel rispetto della confidenzialità.

“Mediazione familiare”: indica la mediazione di questioni familiari, includendovi rapporti tra persone sposate e non (conviventi more uxorio, genitori non coniugati), con lo scopo di facilitare la soluzione di liti riguardanti questioni relazionali e/o organizzative concrete, prima, durante e/o dopo il passaggio in giudicato di sentenze relative tra l’altro a: dissoluzione del rapporto coniugale; divisione delle proprietà comuni; assegno di mantenimento al coniuge debole o gli alimenti; responsabilità genitoriale esclusiva o condivisa (potestà genitoriale); residenza principale dei figli; visite ai minori da parte del genitore non affidatario, che implicano la considerazione di fattori emotivo-relazionali, con implicazioni legali, economiche e fiscali. La mediazione familiare richiede un periodo di sospensione delle cause eventualmente in atto.

 

Art. 15 – Formazione in possesso di chi esercita la professione di mediatore familiare

 

Formazione professionale. Il mediatore familiare è obbligato ad acquisire conoscenza e formazione nel processo di mediazione, ivi inclusa la comprensione dell’etica, degli standard e delle responsabilità professionali appropriate (cfr. artt. 17-18-19-20 del presente statuto). Ogni socio è obbligato a rendere note l’estensione e la natura della propria formazione specifica e della sua esperienza al Consiglio Direttivo (cfr. art. 2 del presente statuto).

Formazione permanente. E’ importante che i mediatori familiari continuino la loro formazione professionale attraverso tutto il periodo del loro servizio attivo. Un mediatore dovrebbe essere personalmente responsabile per la continuità della sua crescita professionale, ivi inclusa la partecipazione alla formazione permanente come richiesto dalle regole nazionali e internazionali emesse circa la sua professionalità. Il mediatore familiare dovrebbe rimanere informato approfonditamente e costantemente sulle leggi, regole deontologiche, ricerche scientifiche, e disposizioni nazionali e internazionali rilevanti per la pratica della mediazione familiare nonché impegnarsi regolarmente in attività di formazione continua e accompagnamento professionale per promuovere la propria crescita professionale.

 

Accompagnamento professionale. Un mediatore familiare esperto dovrebbe cooperare alla formazione di nuovi mediatori familiari, incluso il servizio di accompagnamento professionale.

 

Art. 16 – Titoli di studio o esperienze precedenti alla formazione specifica

Regole generali:

titoli di studio nel campo delle Scienze Umane e del Diritto.

pratica o esperienza attestata nel quadro di centri, associazioni o servizi aventi come obiettivo l’assistenza alla coppia e alla famiglia in crisi.

 

Art. 17 – Caratteristiche del ciclo formativo specifico compiuto

Parzialmente modificato dal regolamento interno

Corsi riconosciuti dal Forum Europeo Formazione e Ricerca in Mediazione Familiare, nonché da Associazioni, Società ed Enti, pubblici e privati, italiani e stranieri, interessati al riconoscimento della figura professionale del Mediatore Familiare della durata minima complessiva di 180 ore.

La formazione acquisita deve aver consentito l’acquisizione sia di capacità teoriche sia pratiche.

I seguenti contenuti delle conoscenze e delle capacità operative sono indispensabili per strutturare la professione della Mediazione Familiare.

 

L’insieme delle conoscenze su:

l’opportunità, la struttura e lo svolgimento della mediazione, la suddivisione dei differenti compiti del mediatore nel corso delle differenti fasi del processo

 

la natura e le ipotesi fondamentali della mediazione, che consentono in particolare un rafforzamento della responsabilità individuale dei partecipanti al conflitto, nella loro capacità di dialogo, di cooperazione e realizzazione degli accordi

i figli e gli adolescenti nella mediazione.

 

Capacità specifiche, quali:

la neutralità nella partecipazione

la conduzione della negoziazione partendo dalle posizioni individuali per arrivare a una discussione equa e rispettosa degli interessi di tutti

l’accettazione delle differenze d’opinione e di interessi dei partecipanti al conflitto

l’arte di trattare i differenti rapporti di forza sul piano della relazione e su quello delle risorse

l’ampliamento, quanto al contenuto, del campo decisionale

La conoscenza delle discipline seguenti:

Psicologia: la coppia, la sua formazione, la sua evoluzione, le sue crisi e i suoi conflitti; il bambino, il suo sviluppo psico-affettivo; la separazione, il suo impatto e le sue ripercussioni sui differenti componenti della famiglia; le ricomposizioni familiari

Sociologia: l’evoluzione della famiglia, gli aspetti culturali ed etici

Diritto: il quadro legale sulla famiglia, sul divorzio e sulla separazione personale dei coniugi

Il funzionamento economico della famiglia

 

La gestione dei conflitti: tecniche di comunicazione e di gestione dei conflitti

Le relazioni con i professionisti coinvolti dal processo di divorzio e dalla separazione personale dei coniugi: magistrati/giudici, avvocati, notai, assistenti sociali, psicologi, istituzioni e centri sociali, ecc. e le loro rispettive competenze.

La formazione avrà compreso l’introduzione alla pratica condotta, preferenzialmente da un socio dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari, oppure sotto la guida di un mediatore aderente alla deontologia professionale dei mediatori familiari in materia di divorzio e di separazione personale dei coniugi facente parte di enti o associazioni simili e approvato dal Comitato Direttivo dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari.

La certificazione della formazione professionale conseguita in mediazione familiare dovrà essere accompagnata da pratica operativa almeno semestrale attestata o dimostrabile in linea con la deontologia professionale dei mediatori familiari in materia di divorzio e di separazione personale dei coniugi (cfr. art 18 del presente statuto).

 

Art. 18 – Standard di condotta professionale

 

Finalità.

Queste regole sono intese a promuovere la fiducia del pubblico nel processo di mediazione e a guidare la condotta del mediatore familiare. Come le altre forme di risoluzione delle dispute, la mediazione familiare deve essere realizzata sulla base di un rapporto di fiducia nascente dalla comprensione delle parti in lite sul processo in atto. I professionisti impiegati come mediatori familiari rispondono nei confronti delle parti, dei loro rappresentanti legali e dei tribunali competenti attenendosi alle regole di condotta stabilite dai presenti standard di condotta professionale. Queste regole si applicano a tutti i soci dell’Associazione Italiana Mediatori Familiari.

 

Processo di mediazione familiare.

Orientamento iniziale: all’inizio del processo di mediazione familiare, il mediatore deve informare tutte le parti che la natura del processo di mediazione rispetta la volontarietà delle parti nel raggiungere accordi, che il mediatore è un agevolatore imparziale delle trattative di negoziazione, e che il mediatore non può imporre o forzare le parti al raggiungimento di accordi.

Applicabilità della mediazione familiare: il mediatore deve assistere le parti nella valutazione dei benefici, rischi e costi della mediazione e di metodi alternativi a loro disposizione per la soluzione dei loro problemi. Il mediatore familiare non deve prolungare la mediazione inappropriatamente o senza necessità, se diviene manifesto che il caso sia inadatto alla mediazione familiare, o se una o più parti risulti rifiutare o essere incapace di partecipare al processo di mediazione in modo significativo.

Un mediatore deve declinare l’incarico, ritirarsi o richiedere assistenza tecnica specializzata quando ritiene che un caso ecceda la sua competenza professionale.

Ogni seduta di mediazione familiare dev’essere confidenziale e informale. Nessuna relazione peritale o sanzione penalizzante le parti può essere formulata o imposta dal mediatore familiare o dalla struttura, pubblica o privata, presso cui opera.

 

Confidenzialità.

Regola generale. Il mediatore familiare deve preservare e mantenere quanto ai contenuti delle negoziazioni in atto il segreto professionale durante tutto il processo di mediazione nel rispetto delle disposizioni di legge in materia.

Qualsiasi informazione ottenuta dai mediatori familiari attraverso pratiche, rapporti, conclusioni dei casi, appunti, o altre comunicazioni o materiali, orali o scritti, deve essere considerata riservata e confidenziale e non deve essere resa nota senza il consenso scritto di tutte le parti coinvolte nel processo di mediazione. Qualsiasi ricerca o accertamento diretti alla valutazione delle attività o alla performance dei mediatori familiari devono proteggere la riservatezza di tali informazioni. Le parti hanno il diritto durante e dopo tali procedure di rifiutare la pubblicizzazione e di proibire altrui dal pubblicizzare le comunicazioni fatte durante queste procedure, sia che la controversia si sia conclusa con un successo oppure no.

Incontri individuali. Il mediatore familiare deve mantenere la sua confidenzialità verso terzi, rispetto a qualsiasi informazione ottenuta in incontri individuali con le parti, a meno che la parte stessa non ne permetta la divulgazione.

Privacy. Il mediatore familiare deve mantenere le informazioni confidenziali nel proprio archivio e deve rendere anonime tutte le informazioni di identificazione quando i materiali vengono utilizzati per ricerche, formazione professionale, o elenchi statistici.

 

Integrità e imparzialità.

Il mediatore familiare non deve accettare nessun impegno, portare a termine alcun servizio, o intraprendere nessun’azione che potrebbe compromettere la sua integrità professionale.

Il mediatore familiare deve mantenere l’imparzialità mentre stimola la discussione di questioni che le parti devono considerare per la concretezza, la correttezza legale, l’equità e l’attuabilità delle opzioni proposte per l’accordo.

Il mediatore familiare deve ritirarsi dalla mediazione se crede di non poter più garantire la propria imparzialità.

Il mediatore familiare non deve accettare o fare regali, richieste, favori, prestiti, o altri beni di valore né dalle parti, né dagli avvocati delle parti, o da nessun’altra persona coinvolta direttamente o indirettamente, in passato o al presente, nel processo di mediazione.

 

Autodeterminazione delle parti.

Il mediatore familiare deve assistere le parti nel raggiungere un accordo consapevole e volontario. Le decisioni devono essere prese volontariamente dalle parti stesse.

Il mediatore familiare non costringerà in modo parziale una parte verso la conclusione di un accordo e non prenderà decisioni sostanziali per nessuna delle parti nel processo di mediazione.

Il mediatore familiare deve astenersi dall’interpretare intenzionalmente o consapevolmente a favore di una delle due parti il materiale, i fatti o le circostanze nel corso della conduzione della mediazione.

Quant alle questioni di distribuzione del potere decisionale tra le parti, il mediatore familiare deve promuovere un processo equilibrato e deve incoraggiare le parti stesse a condurre le delibere in modo aconflittuale.

Il mediatore familiare deve promuovere considerazioni sugli interessi di tutti coloro che restano coinvolti negli accordi attuali o potenziali e che non sono rappresentati al tavolo delle trattative (minori, genitori delle parti, datori di lavoro, ecc.).

Il mediatore familiare deve promuovere un clima di rispetto reciproco tra le parti durante tutto il processo di mediazione.

Il mediatore familiare ha il dovere di avvertire le parti dell’importanza della comprensione delle conseguenze legali di un accordo proposto e deve suggerire loro l’opportunità di approfondire questo avvertimento con il loro avvocato o consulente legale find more.

 

Competenza professionale e responsabilità legali.

Un mediatore deve mantenere competenza professionale all’interno dei requisiti dettati dalla professione di mediatore familiare.

Regola generale. Ogni mediatore familiare deve trattenersi da qualsiasi attività che esuli dalla sua competenza professionale e non svolgerà attività legali, né terapeutiche, né di consulenza familiare, né di consulenza tecnica di parte o d’ufficio nell’ambito dei casi a lui sottoposti come mediatore familiare in passato, o al presente.

Standard professionali concorrenti. Nessuno standard etico della stessa categoria professionale o di altre categorie professionali concorrenti -a meno che imposto per legge- deve peraltro rimpiazzare, eliminare, o rendere inapplicabili le presenti regole generali e particolari, le quali possono essere imposte a qualsiasi mediatore familiare in virtù della sua professionalità.

 

Responsabilità di fronte al tribunale competente. Ogni mediatore deve essere incensurato e pienamente responsabile di fronte al tribunale competente riguardo le proprie qualifiche, il suo operato, e le disposizioni legali vigenti in materia di famiglia, separazione personale dei coniugi e divorzio. Ogni mediatore familiare deve conoscere ed osservare le regole procedurali vigenti.

Art. 19 – Relazioni con altri professionisti

Responsabilità e relazioni del mediatore con altri mediatori. Ogni mediatore dovrebbe astenersi dal mediare controversie familiari che al momento sono ancora affidate a un altro mediatore, o centro di mediazione, senza prima preoccuparsi di consultare la persona o le persone che conducono questa mediazione.

Cooperazione con altri professionisti. Ogni mediatore dovrebbe rispettare le relazioni tra il processo di mediazione e altre discipline professionali incluse quelle del Diritto, della Contabilità commerciale e fiscale, delle Scienze sociali e della Salute mentale e dovrebbe promuovere la cooperazione tra mediatori, servizi sociali e altri professionisti.

Art. 20 – Tariffe

Regole Generali.

Il mediatore occupa una posizione di fiducia rispetto alle parti e ai tribunali. Nell’addebitare servizi e spese, il mediatore deve sforzarsi di mantenere i costi totali per i servizi e le spese ragionevoli e consistenti con la natura del caso. Il mediatore deve rendere noto per iscritto alle parti durante la seduta di orientamento iniziale le tariffe orarie e i relativi costi delle sedute, includendo la scadenza e la maniera del pagamento. La spiegazione dei costi può includere:

le tariffe orarie delle sedute di mediazione;

la preparazione per le sedute;

il tempo di lavoro al di fuori delle sedute;

la cancellazione di sedute di mediazione e le circostanze per le quali queste tariffe vengono normalmente addebitate;

la preparazione dell’accordo scritto di mediazione;

tutte le altre eventuali voci addebitabili dal mediatore;

la divisione pro capite tra le parti delle tariffe e dei costi di mediazione saranno precedentemente determinati dai centri di mediazione presso servizi sociali e/o concordati con le parti presso centri di mediazione e/o professionisti privati.

Invii. Nessuna commissione, sconto, o simili rimunerazioni possono essere dati o ricevuti dal mediatore per l’invio di clienti ad avvocati, psicoterapeuti o ad altri servizi specialistici.

Addebiti aggiuntivi. Il mediatore non può addebitare dei costi o legare il proprio onorario in nessun modo al risultato del processo di mediazione.

Quando un mediatore è contattato direttamente dalle parti per dei servizi di mediazione, il mediatore ha la responsabilità professionale di rispondere alle domande riguardanti i costi e di fornire una copia delle basi per l’addebitamento di tariffe e costi.

Art. 21 – Inquadramento fiscale

 

Per coloro i quali non rientrano in altre categorie o inquadramenti relativi alla professione d’origine, sarà possibile l’iscrizione all’IVA nella categoria: “Altre attività di servizi non classificate altrove”, al cod. ISTAT n. 7484B.

Questo fino al momento dell’entrata in vigore di eventuali disposizioni che prendano in considerazione la categoria specifica di “Mediatore Familiare”.

Art. 22 – Assicurazione

Articolo modificato …..(Vedi Art. 5 del regolamento Interno)

Art. 23 – Rinvio

Per tutto quanto non espressamente previsto nel presente statuto si rinvia agli articoli 36 e seguenti del Codice Civile.

tatuto AIMS

Art. 1

(Denominazione)

E’ costituita la “ASSOCIAZIONE INTERNAZIONALE MEDIATORI SISTEMICI” (in forma abbreviata A.I.M.S.)

La A.I.M.S. è un’Associazione di professionisti della mediazione familiare, comunitaria, sociale, penale, scolastica, aziendale e culturale ad orientamento sistemico e come tali da essa riconosciuti.

Art. 2

(Finalità)

L’Associazione non ha scopo di lucro, promuove il progresso degli studi e delle ricerche nel campo della mediazione familiare, comunitaria, sociale, penale, scolastica, aziendale e culturale e provvede alla formazione di nuovi professionisti della mediazione ad orientamento sistemico.

Promuove la cooperazione scientifica dei propri Soci orientandola verso il progresso delle scienze e delle trasformazioni sociali in atto.

L’Associazione persegue altresì i propri scopi sociali promuovendo l’apertura di Centri autonomi, finalizzati all’erogazione di un servizio di mediazione familiare, comunitaria, sociale, penale, scolastica, aziendale e culturale, dei quali si fa garante.

Art. 3

(Sede)

l’Associazione ha sede legale p.t. in Torino Corso Francia n. 98.

E’ articolata anche in sedi territoriali allocate presso i “Soci Istituzionali” Centri di Formazione.

Art. 4

(Soci)

Si può far parte dell’A.I.M.S. in qualità di:

Soci Fondatori

Soci formatori

Soci professionisti

Soci in formazione

Soci onorari

Soci istituzionali

Possono diventare Soci professionisti, formatori, in formazione, onorari o istituzionali le persone fisiche o gli enti che abbiano i titoli previsti dal Regolamento previa accettazione da parte del Consiglio direttivo.

La qualità di socio non è trasmissibile né trasferibile a terzi e la quota associativa non è rivalutabile.

I Soci hanno diritto:

a) a partecipare a tutte le attività promosse dall’Associazione;

b) a partecipare all’Assemblea con diritto di voto;

c) ad accedere alle cariche associative.

Art. 5

(Modalità di ammissione)

L’ammissione all’A.I.M.S. in qualità di Socio formatore, professionista, in formazione e istituzionali è subordinata alla presentazione di una domanda indirizzata al Presidente dell’Associazione secondo le modalità previste dal Regolamento.

La nomina dei Soci formatori, professionisti, in formazione, onorari ed istituzionali viene deliberata dal Consiglio direttivo che opera in merito secondo quanto previsto dal Regolamento.

Art. 6

(Obblighi morali)

Ogni Socio dell’A.I.M.S. si impegna a perseguire le finalità della Associazione medesima ed a rispettarne le norme deontologiche. In particolare si impegna:

a) a respingere qualsiasi condizione che si ponga come una grave limitazione della propria autonomia tecnico – scientifica e della propria indipendenza professionale e morale;

b) a serbare rigorosamente il segreto professionale;

c) a mantenere il decoro della professione;

d) ad esprimere nel proprio lavoro tutto l’ambito delle proprie competenze.

Art. 7

(Perdita della qualità di socio)

Il rapporto associativo è a tempo indeterminato. Il Socio perde tale qualità per dimissioni, decadenza, per motivata esclusione deliberata dal Consiglio Direttivo, previa parere della Commissione Etica e Deontologica.

L’esclusione può essere deliberata nei confronti dei:

a) soci che agiscono in contrasto con i principi statutari, regolamentari e/o deontologici dell’Associazione;

b) soci che non soddisfino più i requisiti sulla qualità delle attività professionali secondo criteri stabiliti nello Statuto e nel Regolamento;

c) soci non in regola con il pagamento della quota associativa dopo due richiami effettuati dal Segretario Tesoriere;

d) soci nei cui confronti la Commissione di Etica e di Deontologia professionale si sia pronunciata definitivamente dopo aver chiuso il procedimento;

La decisione, presa salvaguardando il contraddittorio tra le parti, dovrà essere comunicata al socio escluso mediante lettera raccomandata A/R contenente le motivazioni in base alle quali è stato escluso; avverso suddetto provvedimento, il socio potrà proporre opposizione motivata entro 30 giorni dalla ricevuta comunicazione, mediante lettera raccomandata A/R indirizzata al Presidente dell’Associazione.

Su di essa deciderà il Consiglio Direttivo convocato ad hoc in seduta straordinaria.

I Soci che, per qualsiasi ragione, cessino di far parte dell’Associazione non possono in nessun caso richiedere la restituzione delle quote versate né vantare alcun diritto sul patrimonio dell’Associazione.

Art. 8

(Obblighi finanziari)

I Soci, fatta eccezione per quelli onorari, sono tenuti al pagamento di una quota sociale stabilita annualmente dal Consiglio direttivo, pena la decadenza dalla posizione associativa, che viene stabilita d’ufficio dopo il secondo anno consecutivo trascorso senza versamento della quota sociale.

Art. 9

(Organi dell’Associazione)

Sono organi dell’Associazione:

a) l’Assemblea;

b) il Consiglio direttivo;

c) la Commissione per la didattica e per la ricerca;

d) la Commissione per l’etica e la deontologia.

Art. 10

(Assemblee)

I Soci sono convocati in Assemblee generali, ordinarie e straordinarie.

Le Assemblee si considerano regolarmente costituite quando sia presente almeno la metà dei Soci in prima convocazione e con qualsiasi numero di presenti in seconda convocazione.

Le Assemblee deliberano a maggioranza semplice dei presenti aventi diritto di voto.

Hanno diritto di voto tutti i Soci formatori, professionisti e istituzionali in regola con il pagamento della quota sociale.

E’ ammesso il voto per delega, tranne che per l’elezione delle cariche sociali.

Ogni Socio non può rappresentare più di tre iscritti. Ogni socio ha diritto ad un voto, qualunque sia il valore della sua quota

Art. 11

(Compiti dell’Assemblea)

L’Assemblea generale ordinaria dei Soci è convocata annualmente dal Consiglio direttivo ed ha il compito di:

a) approvare il bilancio preventivo e consuntivo;

b) approvare la relazione sulla politica culturale e scientifica associativa che il Consiglio direttivo annualmente redige;

c) formulare proposte indirizzate al Consiglio direttivo, finalizzate al raggiungimento degli obiettivi sociali e ad un’ottimale definizione organizzativa dell’Associazione.

L’Assemblea generale dei Soci è convocata in via ordinaria dal Consiglio direttivo allo scopo di eleggere a scrutinio segreto il Presidente, il Vice Presidente, il Tesoriere e il Segretario, secondo quanto disposto dagli art. 13, 14,15 16 dello Statuto.

L’Assemblea generale ordinaria o straordinaria è convocata dal Consiglio direttivo, dal Presidente o su richiesta scritta da almeno un terzo dei Soci aventi diritto di voto, e previa convocazione da parte del Presidente, a mezzo lettera o fax, da inviarsi ai Soci almeno trenta giorni prima della data fissata per l’Assemblea.

L’Assemblea straordinaria viene convocata per deliberare su temi specifici di particolare urgenza compiutamente espressi nell’ordine del giorno, ad essi limitato, senza rispetto del termine in caso di comprovata urgenza.

Art. 12

(Consiglio direttivo)

L’A.I.M.S. è governata da un Consiglio direttivo composto da cinque membri eletti tra i Soci aventi diritto di voto.

In caso di dimissioni di membri del Consiglio direttivo, lo stesso provvede alla nomina di nuovi membri a completamento del numero richiesto, attingendo nell’ordine dalle preferenze espresse dall’Assemblea, fino ad esaurimento dello stesso.

Le cariche previste nell’ambito del Consiglio direttivo sono:

a) il Presidente

b) il Vice-Presidente

c) il Segretario

d) il Tesoriere

e) il Coordinatore della Commissione per la didattica e per la ricerca.

I membri del Consiglio direttivo che non intervengono alle sedute di Consiglio senza giustificato motivo, per più di due volte di seguito, sono dichiarati dimissionari d’ufficio e sostituiti da quelli immediatamente seguenti nell’ordine delle preferenze espresse dall’Assemblea.

Le cariche del Consiglio direttivo sono espletate a titolo gratuito.

Il Consiglio direttivo delibera a maggioranza semplice. In caso di parità prevale il voto di chi presiede.

Il Consiglio direttivo si riunisce, su convocazione del Presidente, secondo quanto prescritto dal Regolamento.

Il Consiglio direttivo ha il compito di:

a) presentare all’Assemblea il bilancio preventivo e consuntivo, oltre alla relazione annuale sulla politica culturale e scientifica dell’Associazione;

b) disporre le eventuali modifiche da apportare allo Statuto e al Regolamento, secondo quanto previsto dall’art. 21 e 22 dello Statuto;

c) vigilare sull’osservanza dello Statuto e del Regolamento ed, in generale, su quanto può interessare il buon andamento dell’Associazione;

d) promuovere e riconoscere i training di formazione di mediatori familiari e comunitari ad orientamento sistemico;

e) promuovere l’approfondimento, la ricerca scientifica ed il dibattito culturale sui fondamenti epistemologici, teorici e metodologici che informano il lavoro dei mediatori familiari e comunitari ad orientamento sistemico;

f) deliberare sulla nomina dei didatti della A.I.M.S.;

g) farsi interprete dei problemi istituzionali dell’Associazione nei vari contesti, sociali, politici e amministrativi;

h) approvare in via definitiva la nomina o il riconoscimento dei Soci;

i) vigilare sulla coerenza dell’attività professionale dei Soci allo statuto morale e scientifico che deriva loro dall’appartenenza all’Associazione

L’elezione delle Cariche del Consiglio Direttivo viene fatta dall’Assemblea a scrutinio segreto col voto favorevole dei 2/3 dei partecipanti per il primo scrutinio ed a semplice maggioranza dal 2° scrutinio in poi. Avviene separatamente per ciascuna carica ad eccezione di quella del Vice Presidente.

I Componenti del Consiglio Direttivo restano in carica 4 anni e possono essere rieletti una volta sola consecutivamente, ad eccezione del Presidente e del Vice-Presidente, che non possono essere rieletti. Le norme che regolano l’elezione del Presidente e Vice-Presidente sono specificate ai successivi art. 13 e 14 del presente Statuto. Hanno diritto a partecipare al Consiglio Direttivo, come membri con voto consultivo, i rappresentanti dei tre Centri Fondatori (Eteropoiesi, Iscra, ITFF) nelle persone di Pasquale Busso, Paola Stradoni, Fabio Bassoli, Mauro Mariotti, Rodolfo de Bernart, e Cristina Dobrowolski.

Art. 13

(Il Presidente)

Il Presidente viene eletto ogni quadriennio dall’Assemblea ed ha il compito di:

a) rappresentare ufficialmente l’Associazione anche di fronte a terzi o in giudizio.

b) presiedere le sedute del Consiglio direttivo e farne eseguire le deliberazioni.

c) firmare gli atti ufficiali.

Nell’adempimento delle sue funzioni il Presidente può, di volta in volta, delegare il Vice-Presidente.

Il Presidente al termine del suo mandato assume la funzione di Presidente uscente per due anni. Il Presidente uscente esercita in tale tempo la carica di Vice-presidente.

Dopo due anni, a metà del mandato della carica di Presidente, viene eletto un presidente designato che assume la carica di Vice-presidente per i due anni successivi, fino all’assunzione della carica di Presidente.

Art. 14

(Il Vice-Presidente)

La carica di Vice-Presidente è ricoperta dal Presidente uscente per i primi due anni e dal Presidente designato per i secondi due anni del quadriennio.

Il Vice-Presidente ha il compito di:

a) curare l’attuazione delle delibere del Consiglio direttivo;

b) presiedere, in assenza del Presidente, il Consiglio direttivo.

Art. 15

(Il Segretario)

Il Segretario è eletto dall’Assemblea, ed ha il compito di:

a) provvedere alla stesura dei verbali di seduta,

b) farne pervenire copia al Presidente.

Art.16

(Il Tesoriere)

Il tesoriere è eletto dall’Assemblea ed ha il compito di:

a) tenere in consegna i fondi sociali;

b) provvedere agli incassi ed ai versamenti;

c) tenere in regola i registri amministrativi e compilare i bilanci da sottoporre all’Assemblea;

d) curare il tesseramento annuale dei soci;

e) abbinare la sua firma a quella del Presidente della A.I.M.S. negli atti patrimoniali.

Art. 17

(Commissione per la Didattica e la Ricerca)

1. La Commissione generale per la Didattica e la Ricerca ha il compito di:

a) elaborare i programmi per i corsi di formazione dei soci;

b) proporre iniziative integrative di formazione quali seminari, convegni, ecc.

c) predisporre, a tale scopo, le norme riguardanti la formazione dei formatori e le condizioni per la loro non decadenza;

d) suggerire i criteri di valutazione delle metodologie dei training per mediatori familiari e comunitari sistemici promossi o riconosciuti dall’Associazione;

e) elaborare la politica culturale e scientifica dell’Associazione, promuovendo i necessari contatti e collaborazioni con analoghe Associazioni nazionali e internazionali.

2. La Commissione per la Didattica e la Ricerca è composta dai Soci istituzionali rappresentati dai Responsabili dei centri o dai loro delegati.

3. Ogni quadriennio i membri della Commissione per la Didattica e la Ricerca eleggono un Coordinatore della stessa Commissione.

Il coordinatore della Commissione per la Didattica e la Ricerca ha il compito di:

a) convocare e dirigere le riunioni;

b) presentare al consiglio Direttivo di cui fa parte, le proposte della Commissione per la Didattica e la Ricerca perché possano diventare esecutive.

Art. 18

(Commissione per l’etica e deontologia)

La Commissione per l’etica è composta da tre soci eletti dall’Assemblea ed ha il compito di:

a) verificare e confrontare le norme deontologiche ed il rispetto delle stesse

b) eleggere un Coordinatore

c) esprimere pareri per il Consiglio Direttivo sui comportamenti etici e deontologici nonché civilistici e di conflitto di interesse che riguardino i soci professionisti eventualmente sottoposti a provvedimenti disciplinari.

Art. 19.

(Il Patrimonio)

L’A.I.M.S. ha un proprio patrimonio costituito dall’importo delle quote sociali, da donazioni, lasciti, oblazioni di enti o di singoli cittadini, specificamente destinati a tale scopo, nonché dai fondi destinati ad incrementare il patrimonio con deliberazione del Consiglio direttivo.

Tale patrimonio è gestito dal Tesoriere, secondo quanto precisato dal Regolamento.

Art. 20

(Durata dell’esercizio finanziario)

L’esercizio finanziario della A.I.M.S. si chiude al 31 dicembre di ogni anno.

Alla fine di ogni esercizio il Consiglio Direttivo predispone il bilancio consuntivo con il conto economico, che dovranno essere sottoposti all’Assemblea dei Soci per l’approvazione entro il 30 giugno dell’anno successivo.

Dal rendiconto dovranno in ogni caso risultare i beni, i contributi ed i lasciti ricevuti.

In nessun caso si potrà procedere alla distribuzione sia diretta che indiretta degli eventuali avanzi di esercizio; questi dovranno essere accantonati a riserva ad incremento del patrimonio dell’Associazione. Viene ugualmente esclusa la possibilità di distribuire ai Soci fondi o riserve o di rimborsare quote durante la vita dell’Associazione.

Art. 21.

(Regolamento interno)

Per l’ordinamento e il funzionamento della Associazione e per la precisazione di alcune norme particolari, lo Statuto della A.IM.S. è integrato da un apposito Regolamento interno che può essere modificato dal Consiglio direttivo.

Art. 22.

(Modifiche statutarie

Le modifiche statutarie sono proposte dal Consiglio direttivo e vengono approvate dall’Assemblea a maggioranza dei presenti.

Art. 23.

(Scioglimento della Associazione)

Lo scioglimento della Associazione è deliberato dall’Assemblea a maggioranza di due terzi dei presenti.

L’eventuale patrimonio residuo dovrà essere devoluto ad altra associazione con finalità analoghe o a fini di pubblica utilità.

Art. 24

(Regime transitorio)

In regime transitorio i soci fondatori nominano il Consiglio direttivo cooptandone i membri tra coloro che abbiano i requisiti di soci votanti.

Art. 25.

(Codice civile)

Per quanto non previsto nel presente statuto valgono, se ed in quanto applicabili, le disposizioni del Codice Civile in materia di Associazioni non riconosciute.

REGOLAMENTO

Art. 1 La Mediazione Sistemica

E’ un processo interattivo finalizzato al raggiungimento degli accordi nelle situazioni di conflitto che s’instaurano in differenti contesti: familiare, comunitario, istituzionale e sociale.

Colloca nel Paradigma Sistemico-Relazionale la sua cornice teorica di riferimento.

Al suo interno è possibile distinguere:

– La Mediazione familiare di separazione e divorzio

– La Mediazione nei conflitti familiari

– La Mediazione sociale e comunitaria (scolastica, penale e nei macrosistemi).

La metodologia della Mediazione Sistemica si ispira ad alcuni principi teorici di base:

– La consapevolezza dell’inevitabilità del conflitto nelle relazioni umane e la conseguente necessità di valorizzarne gli aspetti costruttivi ed evolutivi, al fine di favorire la crescita armonica dei sistemi e dei loro singoli membri.

– L’importanza di ampliare il campo di osservazione a tutti i sistemi coinvolti nella dinamica del conflitto.

– L’esigenza di circoscrivere gli obiettivi dell’intervento di Mediazione al raggiungimento degli accordi, rispettando la complessità degli eventi storici e degli intrecci relazionali.

Art. 1-1 La mediazione Familiare di separazione e divorzio.

E’ un percorso di aiuto alla famiglia prima, durante e dopo la separazione o il divorzio, che ha come obiettivo quello di offrire agli ex-coniugi un contesto strutturato e protetto, in autonomia dall’ambiente giudiziario, dove poter raggiungere accordi concreti e duraturi su alcune decisioni, come l’affidamento e l’educazione dei minori, i periodi di visita del genitore non affidatario, la gestione del tempo libero, la divisione dei beni.

Il Modello Sistemico, tenendo conto dell’intero sistema familiare, propone una lettura complessa della dinamica relazionale che ruota intorno al conflitto e adotta un approccio interdisciplinare sollecitando il dialogo e la sinergia operativa tra figure professionali di ambito diverso, psicologico, giuridico e sociale.

L’intervento viene effettuato con entrambi i partners e, quando il mediatore lo ritenga necessario, anche con i figli, riconoscendo il ruolo attivo che essi svolgono all’interno della dinamica familiare.

Art. 1-2 La Mediazione nei conflitti familiari.

E’ un percorso di aiuto alla famiglia in periodi critici del ciclo vitale, finalizzato al raggiungimento di accordi concreti e duraturi su alcune decisioni come, ad esempio, l’assistenza ad anziani e portatori di handicap, controversie ereditarie, situazioni di affido e adozione, conflitti riguardanti il tema della diversità.

Art. 1-3 La Mediazione Comunitaria e Sociale.

La Mediazione Comunitaria e Sociale è un percorso di aiuto alle persone intrappolate in conflitti che si sviluppano nell’ambito familiare, scolastico, giudiziario e nel mondo del lavoro, nel quartiere, nel condominio, nelle istituzioni sanitarie e d’accoglienza

Essa si pone come obiettivo il raggiungimento di un accordo di reciproco interesse tra le parti, favorendo la riapertura dei canali di comunicazione interrotti dalla logica contrappositiva.

At. 2 Obiettivi dei Corsi di Mediazione Sistemica.

L’apprendimento teorico-pratico del modello sistemico-relazionale costituisce la base dei vari percorsi formativi, al termine dei quali il Mediatore sistemico dovrà essere in grado di:

– Effettuare una lettura sistemica ed articolata del contesto in cui si è manifestato il conflitto.

– Individuare ed attivare le risorse esistenti in modo da potenziare le capacità autoriflessive e creative del sistema e dei suoi singoli membri.

– Favorire la riorganizzazione strutturale del sistema, ricercando le strategie più idonee per gestire il conflitto e valorizzarne gli aspetti evolutivi.

– Favorire il raggiungimento degli accordi tra le parti in conflitto.

Art. 3 Metodologia

I moduli didattici sono strutturati in momenti di approfondimento teorico ed esperienze di apprendimento in gruppo delle principali tecniche di negoziazione e di ricomposizione del conflitto.

Viene sollecitato il confronto con i principali modelli, italiani e stranieri, di Mediazione, guidando gradualmente l’allievo nelle varie fasi del percorso di Mediazione dall’analisi del contesto fino al raggiungimento degli accordi.

A tal fine possono essere utilizzate videoregistrazioni di sedute di Mediazione, condotte dai didatti e possono essere effettuate esercitazioni di osservazione e di lettura delle varie fasi del processo.

Nel gruppo di apprendimento vengono utilizzate metodiche specifiche dell’approccio sistemico, come la simulata, il role-playing e disegno, l’osservazione di video-tapes e l’utilizzo dello specchio unidirezionale, l’esplorazione della storia familiare dell’allievo in formazione, attraverso l’uso del genogramma, del genogramma fotografico, del metalogo e di altre tecniche narrative, verbali e non verbali.

E’ revisto un percorso di Supervisione e possono essere organizzate esperienze di tirocinio.

I Seminari di studio, tenuti da esperti nazionali ed internazionali sui più recenti orientamenti nell’ambito della Mediazione, integrano il biennio formativo, offrendo agli allievi l’opportunità di approfondire le tematiche più rilevanti svolte durante i Corsi e di confrontare le caratteristiche e le specificità del modello appreso con approcci e stili d’intervento diversi dai propri.

L’A.I.M.S. organizza, ogni due anni, un Congresso Nazionale, di almeno 16 ore, al fine di promuovere un aggiornamento costante sulla ricerca condotta nel campo degli interventi di Mediazione.

Art. 4 Struttura dei corsi

I corsi sono biennali, con un impegno formativo di 240 ore complessive, suddivise in:

training specifico (160 ore)

giornate seminariali e congresso biennale organizzato dall’A.I.M.S. (80 ore).

Numero massimo dei partecipanti: 15.

Sono consentite assenze fino ad un massimo del 20% degli incontri di training specifico.

Al termine del biennio verrà rilasciato dall’Istituto di Formazione un attestato di partecipazione al corso di Formazione in Mediazione Familiare Sistemica o Comunitaria e Sociale, riconosciuto dall’A.I.M.S.

E’ previsto che ciascun allievo del Corso di Mediazione Familiare Sistemica segua in Supervisione tre processi di Mediazione, per un totale di 15 ore.

Per il Corso di Mediazione Comunitaria e Sociale il programma di Supervisione verrà concordato con i didatti.

Al termine della supervisione, previo il superamento della prova di esame finale e una discussione sui casi di mediazione seguiti in supervisione alla presenza di una commissione dell’A.I.M.S. a carattere nazionale, verrà rilasciato un diploma che attesta la qualifica di MEDIATORE FAMILIARE SISTEMICO O MEDIATORE COMUNITARIO E SOCIALE e che consente l’iscrizione all’A.I.M.S. come socio ordinario.

Per accedere ai Corsi il candidato dovrà presentare un curriculum personale e sostenere un colloquio valutativo.

Art. 6 Crediti formativi

La frequenza al primo anno dei corsi di mediazione sistemica dà accesso al secondo di entrambi gli indirizzi.

Costituisce credito formativo l’attività di formazione svolta presso altri centri di formazione in mediazione. Verrà valutato dalla commissione didattica dell’Istituto di appartenenza che i contenuti presenti nel primo anno di formazione siano stati affrontati nel curriculum dell’allievo.

Il Presidente potrà accettare domande di socio formatore, professionista oppure onorario previa la presentazione del richiedente da parte di due soci formatori e a seguito della valutazione positiva dell’eccellenza del suo curriculum da parte del Consiglio Direttivo.

Art. 7 Soci in formazione

Possono diventare soci in formazione tutti coloro:

– che sono iscritti ai corsi di mediazione presso i Centri di Formazione associati all’AIMS;

– che sono in regola con le quote associative annuali.

Debbono possedere almeno uno dei seguenti requisiti:

– essere in possesso di un diploma di laurea almeno triennale;

– essere in possesso di un diploma di scuola media superiore e aver maturato almeno tre anni di esperienza professionale documentata.

Art. 8 Soci professionisti

Possono diventare soci professionisti tutti coloro che vengono proposti dai centri di formazione associati all’AIMS e sono in possesso dei seguenti requisiti:

– aver completato il training formativo di mediazione familiare o comunitaria e sociale promosso o riconosciuto dall’Associazione;

– aver superato positivamente l’esame di idoneità a socio ordinario, cui è possibile accedere soltanto dopo avere condotto almeno tre casi di mediazione supervisionati da un didatta dell’Associazione.

Art. 9 Soci formatori

Possono diventare soci formatori i soci professionisti che:

– svolgano la professione di mediatori da almeno quattro anni, attestata dalla Direzione dell’Istituto di appartenenza,

– a seguito di formale domanda al Presidente, abbiano ricevuto l’assenso per l’inizio del percorso formativo didattico presso un Centro di Formazione riconosciuto dall’Associazione,

– abbiano accompagnato come tutor per tutta la sua durata almeno un corso completo di mediazione sistemica e abbiano svolto almeno 50 ore di insegnamento effettivo, in affiancamento ad un didatta dell’Associazione,

– abbiano effettuato almeno 20 ore di supervisione, individualmente o in gruppo, con un formatore dell’Associazione,

– abbiano partecipato alle giornate di autoformazione per formatori programmate dall’A.I.M.S.,

– abbiano svolto una tesi finale,

– abbiano partecipato ad almeno 5 seminari o stage di osservazione presso Istituti diversi da quello che gestisce il percorso formativo,

– dimostrino di essere in grado di organizzare ed esporre una lezione su di un argomento assegnato dalla Commissione esaminatrice, composta da tre didatti nominati dal presidente a seguito di parere favorevole della Commissione Didattica.

La qualifica di socio formatore decade, oltre a quanto affermato dall’art. 7 dello Statuto e dall’art. 11 del presente regolamento, dopo un biennio di assenza dall’attività di autoformazione programmata dall’A.I.M.S..

La nomina a socio formatore viene deliberata dal Consiglio Direttivo (cfr. art. 5 dello Statuto).

Art. 10 Soci Istituzionali

Sono Soci Istituzionali:

a) i Centri di Mediazione dove operano esclusivamente soci professionisti dell’Associazione, almeno in numero di due.

Il patrocinio dell’Associazione per i Centri di Mediazione è vincolato all’ottemperanza delle seguenti condizioni:

– aver fatto domanda al Presidente;

– aver ottenuto il parere favorevole della Commissione per la Didattica e la Ricerca;

– usufruire di supervisione allo staff per 10 ore annue da parte di un formatore AIMS e inoltrare annualmente al Presidente la documentazione dell’attività di supervisione svolta;

– pagare la quota annuale di iscrizione.

b) i Centri di Formazione al cui interno operano almeno due soci formatori AIMS, secondo i programmi approvati dalla Commissione per la Didattica e per la Ricerca.

Il riconoscimento dei Centri di Formazione Mediazione è vincolato all’ottemperanza delle seguenti condizioni:

– aver fatto domanda al Presidente;

– aver ottenuto il parere favorevole della Commissione per la Didattica e la Ricerca;

– partecipare attraverso i suoi formatori ai programmi di autoformazione;

– pagare la quota annuale di iscrizione.

I Centri di Mediazione possono ottenere il riconoscimento dall’AIMS come Centri di Formazione qualora:

– abbiano attivato corsi di formazione in collaborazione con formatori di altri Centri di Formazione già riconosciuti, fino a quando maturino al loro interno le risorse necessarie per l’espletamento completo dei programmi di formazione in armonia con gli obiettivi, la metodologia e la struttura adottata dall’Associazione (Regolamento: art. 3, 4, 5);

– abbiano fatto domanda al Presidente;

– abbiano ottenuto il parere favorevole della Commissione per la Didattica e la Ricerca

Art. 11 Morosità dei soci

A precisazione dell’art. 7 dello Statuto, per morosità dei soci si intende il mancato pagamento per almeno due anni della quota annuale di iscrizione.

Art. 12 Conflitto di Interessi

Non possono essere eletti ad alcuna carica istituzionale e, se eletti decadono autonomamente dalle cariche, tutti coloro che si trovano nelle condizioni previste dagli articoli 2382 e 2399 del Codice Civile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bibliografia

 

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